L’origine di questo disco è curiosa. Come un novello Decameron musicale, “A Beginner’s Mind” nasce infatti come perfetto racconto-cornice: Sufjan Stevens e Angelo De Augustine, insieme a un’altra manciata di artisti dell’etichetta discografica Asthmatic Kitty, si sono infatti ritrovati a evadere dalla noia in una casa di campagna dello stato di New York in cui ogni sera veniva proiettata una pellicola cult, dal “Mago di Oz” a “Point Break”, passando per “Ragazze nel pallone”. La mattina successiva, il duo si metteva di buona lena a creare un brano basato su emozioni, sensazioni e pensieri scaturiti dal film appena visto.

Così sono nate quattordici canzoni profondamente unite da uno stile di scrittura folk pop puro e cristallino, nonché dall’ottimo gusto per le melodie. Spesso il brano nasce da un giro di chitarra acustica (Reach Out, You Give Death a Bad Name, Olympus, Murder and Crime, It’s Your Body and Mind, Fictional California, Cimmerian Shade e il conclusivo Lacrimae), altre volte dalle note di una tastiera (The Pillar of Souls, Beginner’s Mind e (This Is) The Thing), raramente da accenni elettronici (Lady Macbeth in Chains e Lost in the World) e in un unico, ma riuscitissimo caso, da un leggero susseguirsi di accordi di chitarra elettrica (Back to Oz).

Tutte queste canzoni hanno in comune la semplice bellezza del sovrapporsi delle voci dei due protagonisti e un’innata capacità di scrittura e arrangiamento. Forse è arrivato il momento in cui Erlend Øye ed Eirik Glambek Bøe (leggi Kings of Convenience) inizino a preoccuparsi, o perderanno la palma per la migliore versione contemporanea di Simon & Garfunkel.

Andrea Manenti