Bergamo, 13 marzo 2025

Torna finalmente anche Sam Fender, dopo la conclusione dell’ultima data ipotetica, quando a venue già sold out (il Fabrique di Milano), diede forfait scatenando una piccola beffa per i tanti fan accorsi, senza tralasciare l’apertura al vate Bruce Springsteen nel passaggio del boss a Ferrara. Motivi di saluti, che spesso hanno condizionato il songwriter di North Shields.

Unica data italiana in uno spazio assolutamente nuovo, nel nostro Paese per presentare l’ultima fatica “People Watching”, il terzo disco di una carriera assolutamente ai piani alti in termini di riscontro, Fender è una rockstar in patria dove le location sono spazi immensi.

In Europa non siamo ancora a quei livelli, ma manca poco. Del resto il guitar sound springsteeniano è un evergreen di ascolto, e avere un nuovo interprete, ringiovanendo la carta d’identità, è sicuramente un auspicato nuovo tassello per la musica di oggi, dove le sei corde sono spesso e volentieri bistrattate. Va detto che Bruce Springsteen, in termini di talento, è ancora molto lontano, al di là dei gusti. Il boss ha tracciato un solco che rimarrà finché ci sarà musica, su questo non c’è dubbio.

Ma fatta questa doverosa premessa, Sam Fender è un autore molto onesto, scrive bene, con la giusta contemporaneità, donando a scelte classiche un approccio, appunto, rinnovato e rinfrescato. Peculiarità che ha sancito anche la sua ascesa per un successo che non può che definirsi meritato. Come detto sopra, lo zoccolo duro di fan si sta spandendo a macchia d’olio e anche se non siamo a San Siro o in un palazzetto più capiente, i 6.500 biglietti di questa nuova location si sono volatilizzati in un batter d’occhio con larghissimo anticipo.

La nuova arena bergamasca è un piccolo gioiello polifunzionale ricco di attività al seguito. La stessa area concerti risulta essere un vero e proprio palazzetto, forse la capienza che mancava per chi sta stretto all’Alcatraz di turno, ma non ha ancora i numeri da giustificare un forum di Assago. Non è Milano, ma tutto sommato Bergamo risulta strategica per diversi motivi.

Venendo al concerto, un’artista irlandese a nome CMAT ha l’onere di aprire le danze, sul palco per le 20.15, sconosciuta ai più, nonostante una piccola notorietà sulle piattaforme, suona, in solitaria, una mezz’ora circa di gradevoli pop songs, oneste e sincere. Difficile andare oltre con le impressioni dopo un primo e fugace ascolto, comunque brava.

Pubblico delle grandi occasioni quindi, assolutamente trasversale, con una presenza britannica non indifferente, si parla di 1.200 biglietti venduti da quelle parti.

Sam Fender, anti rockstar per eccellenza, entra per primo e ci regala un concerto diretto, senza fronzoli e colmo di quella sua normalità da persona fragile, che è anche il suo punto di forza. Sicuramente, uno dei motivi del suo successo.

Il suono è bello e compatto, otto amici in un saliscendi emozionale. Tra le 14 canzoni del lotto c’è spazio per tutti i suoi singoli più conosciuti, che sono già anthem generazionali. Siparietto simpatico quando viene invitato un fan a raggiungere la band per suonare The Borders, a testimoniare al meglio il filo diretto e una certa spontaneità che lega Sam al suo pubblico.

Una piccola grande festa.

Fabio Campetti