Calabi, all’anagrafe Andrea Rota, è un cantautore bergamasco, già attivo con i Plastic Made Sofa. Andrea scrive libri per bambini e insegna loro la matematica attraverso il linguaggio universale dell’estetica. Qualcuno lo ha definito lo scienziato indie, autore di canzoni calde e avvolgenti, scritte alla chitarra e al piano e che in fase di registrazione si vestono di pop elettronico.

Con il consueto sapore agrodolce che ne contraddistingue la scrittura, Calabi ha recentemente pubblicato per Peermusic un singolo intitolato Il Faro. Il brano segna la conclusione dell’estate, laddove il precedente, Bella Veramente, ne sanciva idealmente l’inizio. Fra un gelato che si scioglie al sole e l’ombra di un chiringuito, in una provincia che non è Miami e non è Formentera, con soffici trame synth-pop Calabi tratteggia i lineamenti malinconici di un amore fuori posto, per aggiustare questa vita che ci sembra storta. Un ideale ricongiungimento con Le terrazze, il suo primissimo singolo, che un anno fa ha dato il via alla sua carriera solista. Un percorso artistico passato per un EP, “Il cielo in un caffè”, e in procinto di approdare a una nuova uscita discografica.

Lo abbiamo intervistato per l’occasione.

 

Intervista a cura di Andrea Manenti

 

Chi è Calabi?

Eugenio Calabi è un fine matematico che ha gettato le basi della teoria delle stringhe. Andrea, in arte Calabi, è un cantautore che ha studiato fisica teorica nel dottorato e che ha preso in prestito lo pseudonimo dalla sua vita parallela.

Forse non tutti sanno del tuo passato rock’n’roll nei Plastic Made Sofa. Cosa ne pensa la tua parte rocker di Calabi e del suo nuovo sound sintetico anni Ottanta? Come possono convivere queste due anime così diverse nella stessa persona?

Sono una persona in costante evoluzione. Mi rimetto in discussione ogni giorno della mia vita. È faticoso, ma aiuta a non annoiarsi. La mia indole rock in questo momento è decisamente sopita, ma non mi manca. Tornerà forse, un domani, nel frattempo mi godo il presente.

In tour ti porti dietro Simone, anche lui ex Plastic Made Sofa. Com’è stare sul palco in questa veste molto più intima?

Si suda meno e si canta più intonati. C’è meno adrenalina e più sentimento. C’è emozione nel cantare dei testi che sento così vicini. Oltre alla novità di suonare pianoforte e sintetizzatori, io che per una vita sono salito sul palco con la chitarra. Simone è un perfetto compagno di avventure, nonché musicista e arrangiatore di spessore.

Oltre a te, Bergamo ultimamente ha esportato un altro cantautore dalle atmosfere simili alle tue: Enne. Che ne pensi di lui e della sua musica?

Enne ed io condividiamo il produttore, Federico Laini. È lui l’artefice del sound di entrambi. Il suo sound è più spiccatamente anni ’80 del mio, che ha soltanto alcuni riferimenti. La specialità di Enne è scrivere i testi, ha una grande capacità immaginifica. Ho avuto il piacere di lavorare su un testo con lui quest’estate.

Da poco hai pubblicato un nuovo singolo: Il Faro. Anche in questo brano, come in altri tuoi precedenti, importante è il sentimento d’amore, la relazione di coppia. Cosa puoi dirci a proposito?

Il Faro è il mio testo più rappresentativo tra quelli fino ad ora pubblicati. È un brano con il quale risuono moltissimo perché racconta tanto di me e del mio modo di stare al mondo, del mio sentirmi spesso fuori equilibrio. Sullo sfondo c’è un amore vissuto in una calda estate di provincia, un costante specchiarsi nell’altra persona, per riconoscersi, per sentirsi a casa propria anche quando si è fuori posto.

Quali sono tuoi progetti futuri e le prossime date?

Nella prima metà di novembre ci sarà la mia prossima pubblicazione, e nei mesi di dicembre e gennaio sarò in tour nei club.