Doveva essere il primo album di una trilogia che Ryan Adams aveva in programma di pubblicare nel 2019, e invece, dopo lo scandalo mediatico che ha coinvolto l’artista di Jacksonville, “Big Colors” è uscito l’11 giugno scorso per PAX AM, al seguito di “Wednesdays” (2020), che è invece diventato l’apripista del progetto.
Forse perché le atmosfere di “Wednesday”, intime, sussurrate ed essenziali, erano il modo migliore di tornare, in punta di piedi, dopo le accuse di molestie sessuali che di fatto hanno annientato l’interesse della stampa statunitense nei confronti delle due ultime pubblicazioni di Adams. “Big Colors”, al contrario, ha un respiro più ampio, alterna momenti di tiepida e acustica serenità a festose esplosioni rock, che riportano il suono indietro di quarant’anni.
A detta del cantautore, l’album «nasce come una colonna sonora anni ‘80 per un film mai esistito. “Big Colors” vuole essere un sogno a occhi aperti». Sembra infatti che Adams abbia voluto dedicare un sincero tributo alla musica inglese e americana di quegli anni.
Tra i dodici brani, prodotti insieme a Beatriz Artola e (un certo) Don Was, spiccano le tracce più vicine al vecchio repertorio come Manchester, What Am I e Fuck The Rain. Nel cuore della tracklist ci sono anche il rockabilly di Power e la springsteeniana I Surrender. Summer Rain chiude il cerchio coi suoni inglesi che Ryan predilige da sempre.
Le vicende giudiziarie gettano ombra su un artista incredibilmente prolifico e forse ne condizionano l’ascolto, ma l’inarrestabile creatività di Ryan Adams non ha smesso di regalarci buona musica: quella di “Big Colors” lo è senz’altro, lo si capisce dalla facilità con cui l’album si lascia attraversare. Non resta che rinnovare l’appuntamento all’ultima uscita di questa trilogia, che probabilmente verrà pubblicata entro la fine dell’anno.
Mattia Sofo

Mi racconto in una frase: “Il segreto è il whiskey” (dopo aver ottenuto il foglio rosa)
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