protomartyr ultimate success today

Anche se molto probabilmente non è all’altezza del predecessore “Relatives in Descent”, oggettivamente vicino allo status di capolavoro, questo “Ultimate Success Today”, quinto lavoro dei Protomartyr, conferma comunque la band di Detroit come la migliore in ambito post-punk contemporaneo in territorio americano. Il titolo universale se lo contende invece con un paio di gruppi europei, Idles e Fontaines DC, anche loro ultimamente in piena forma artistica (leggi qui la nostra recensione di “A Hero’s Death” dei Fontaines D.C.).

Lasciato un po’ in sordina l’approccio punk, questo nuovo disco dei Protomartyr si focalizza su tensione e profondità, donando all’ascoltatore quaranta minuti d’oscurità e rabbia intelligente. L’introduzione è affidata a Day Without End, tesa senza mai esplodere, cupa e impreziosita dal sax alla Ornette Coleman di Jemeel Moondoc. L’esplosione arriva solamente con il granitico riff della successiva Processed by the Boys sino a schizzare nella tribale I Am You Now, fra l’anticristo superstar di Manson e la schizofrenia di Jello Biafra.

The Aphorist e June 21 (quest’ultima con la partecipazione dell’artista elettronica Half Waif) mostrano il lato più umano e melodico della band, mentre Michigan Hammers rischiaccia subito il piede sul distorsore. Con il suo basso distorto alla Lemmy Kilmister e il sax alla Steve MacKay periodo “Funhouse”, Tranquilizer vince facile. Modern Business Hymns e Bridge & Crown sono i due episodi maggiormente legati al passato più vivace della band. Al contrario, la conclusiva Worm In Heaven è con ogni probabilità la prima ballad per Joe Casey e soci, un esperimento pienamente vinto.

Andrea Manenti