È finalmente uscita la seconda stagione di Master Of None.
La serie è la conferma di quanto di buono fatto fin’ora nonostante qualche incertezza iniziale.
Aziz Ansari riprende esattamente da dove ci eravamo lasciati. O meglio, riprende esattamente da dove ci eravamo trovati. Sì perchè Dev (trasposizione di Ansari all’interno della trama) riparte da un’Italia Felliniana in bianco e nero, forse anche un po’ troppo stereotipata. Ironico per una serie che faceva della lotta ai pregiudizi nella società americana uno dei suoi punti di forza.
Il protagonista dopo la delusione d’amore che chiude la prima serie si rifugia a Modena. Deciso a lasciare tutti suoi problemi dietro di se Dev si dedica quindi alla sua grande passione: la cucina italiana. Tutto condito con quello che pare essere un grande viaggio tra i sapori mediterranei (“Let’s eat all day with some little pauses”) con la tappa obbligata all’Osteria Francescana di Bottura . Insomma l’Italia di Ansari ne esce proprio come ci si aspetterebbe dalla visione di un americano. Tutti girano in bicicletta, le vecchiette stanno affacciate alle finestre oppure chiuse in cucina a fare il ragù ed i bambini girano in canottiera facendo gesti con le mani. A rendere ancora peggiore la cosa ci pensa il casting di Netflix che come al solito quando produce all’estero si ritrova ad avere comparse davvero indecenti nella recitazione.
Ci prendono in pieno invece nell’affidare uno dei ruoli chiave ad una bravissima Alessandra Mastronardi che interpreta Francesa, la ragazza italiana che farà girare la testa a Dev, L’attrice italiana si dimostra più che all’altezza degli standard americani e (per grazia di Dio) con una pronuncia che per una volta non rimanda al famoso idraulico intento a salvare la principessa.
Passata questa prima fase piuttosto debole la serie ritorna nella grande mela e l’aria di casa fa senza dubbio bene ad Ansari che riesce a stupirci con una trama avvincente e ribadire ancora una volta la sua personale crociata ai pregiudizi.
Sono tanti piccoli aspetti quelli che riescono a trovare la loro parte all’interno della trama. Il problema dell’omofobia affrontato dalla sua amica Denise. Il dilemma morale di un musulmano di seconda generazione che decide di mangiare carne di maiale. Gli abusi sessuali di un conduttore tv.
Ansari riesce davvero a mettersi nei panni di chi è costretto a subire tutti i giorni queste discriminazioni. Questa particolarità si riassume al meglio con un intero episodio in cui i protagonisti si fanno da parte e a prendere la scena sono quelle comparse che si avvicendano rappresentando le minoranze che costruiscono una città come New York.
Prima e dopo questa parentesi è sempre il racconto di un’attualità analizzata a tratti con una sorprendente lucidità, in contrasto alla confusione che regna in questa società. App di appuntamenti, programmi tv assurdi, il rapporto coi genitori e le relazioni che non vanno mai come si vorrebbe.
Ci si può rispecchiare all’interno di questo racconto così onesto da rendere il tutto tanto credibile quanto interessante.
Si può quindi mettere un po’ da parte l’orgoglio patriottico e chiudere un’occhio sulla prima parte anche perchè la seconda è tanto godibile da concedere l’indulgenza.
Ansari si riconferma un abile cantastorie contemporaneo e Netflix conferma lo show che è stato rinnovato per una nuova stagione.
La domanda ora è: come faremo ad aspettare ancora un anno?
Simone Casarola (@simocasarola)

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.