Un posacenere pieno degli ultimi spinelli fumati prima di decidere di smettere durante il lockdown, prima di scegliere di utilizzare il proprio tempo in maniera produttiva. Questa l’immagine di copertina di “Stay Alive”, terzo capolavoro in carriera per Laura Jane Grace. E no, non credo di esagerare nell’affermarlo (i primi due sono l’esordio “Reinventing Axl Rose” e la svolta di “Transgender Dysphoria Blues”).

La raccolta conta quattordici brani, alcuni scritti questa primavera, mentre l’artista era bloccata come tantissimi altri a casa, altri presi da vari provini fatti in questi ultimi anni. Provini che si sarebbero dovuti sviluppare nel nuovo album degli Against Me!, ma ai quali il destino ha riservato un altro vestito. Questi quattordici brani hanno infatti un vestito spoglio: una chitarra acustica, una voce potente e, in quattro episodi, una drum machine minimale con una chitarra elettrica.

Il vestito è lacero, ma la tensione emotiva di Laura talmente forte ed esplosiva da far sì che questa opera registrata e mixata in quattro soli giorni insieme alla leggenda Steve Albini sia di fatto una sorta di “Nebraska” dei nostri tempi, assurdi, a tratti cattivi, a volte solitari, ma dai quali Laura cerca di uscire a testa alta, riuscendovi.

Eccoci quindi di fronte al sogno spettrale dell’opener The Swimming Pool Song, al country denveriano di The Mountain Song (con quel finale da brividi «I’m all fucked up but I’m alive») e al power pop muscoloso di SuperNatural Possession. Hanging Tree è un attacco frontale al suprematismo bianco, Why Kant I Be You? gode di una melodia contagiosa. Ci sono poi il valzer di Ice Cream Song, il simil-traditional folk di The Magic Point, il punk old style di So Long, Farewell, Auf Wiedersehen, Fuck Off o la presa di posizione nella conclusiva Old Friend (Stay Alive). Se non vi dovesse venire la pelle d’oca sul verso “Please, stay alive! Please, survive!”, state attenti, perché è probabile che abbiate perso un pezzo di cuore durante questo folle 2020.

Andrea Manenti