Tornano i Kaiser Chiefs. Abbiamo riassunto la loro carriera in 10 canzoni per prepararvi ai due live italiani che si terranno sabato 8 febbraio 2020 ai Magazzini Generali di Milano e domenica 9 febbraio 2020 presso la Thalguthraus di Lagundo in Alto Adige. Qui per acquistare i biglietti
A cura di Daniela Raffaldi
Alzi la mano chi non pensa al 2007 quando sente nominare i Kaiser Chiefs. Ok, chi l’ha alzata l’ha fatto perché ha pensato al 2005 o al 2006, oppure perché è nato dal 1990 in poi. È inutile prendersi in giro, e in fondo è anche un buon motivo d’orgoglio: i Kaiser Chiefs sono una di quelle band che diventano emblema di un genere e di un’epoca. Parliamo di indie-rock, in particolare quello di matrice inglese, e di quegli anni, la seconda metà dei Duemila, in cui quel genere era la cosa più cool che si potesse ascoltare, dal vivo o in tv (sì, avveniva ancora). Un po’ nu wave, ma anche nu rave; un po’ brit rock che si hipsterizza ma non scade troppo nello stereotipo; un po’ «ci piace il punk, ma siamo nati dopo, che dobbiamo fare?». Questo e molto altro significava quella nicchia allora, ed era talmente giusta da avere anche un programma di riferimento su Mtv. I Kaiser Chiefs stavano proprio nell’olimpo delle band che la rappresentavano al 100%.
Ma non si pensi che questo articolo sia fatto per alimentare la nostalgia dei tempi andati. I Kaiser Chiefs infatti sono anche un gruppo che ha dimostrato di saper resistere all’urto della storia e farsi trovare ancora vivo e vegeto ai blocchi di partenza di questi prossimi anni ‘20. Hanno superato il cambio della moda, l’abbandono di un membro storico del gruppo nonché compositore e co-autore di numerosi pezzi fondamentali insieme al frontman Ricky Wilson, la partecipazione di quest’ultimo come coach alla versione UK di The Voice, e hanno pubblicato lo scorso luglio, a distanza di tre anni dal precedente, il loro nuovo disco, il settimo in carriera.
Per farci trovare pronti a questo ritorno, ecco qui dieci brani che a vario titolo, apprezzati o meno, hanno segnato la loro carriera. Per rinfrescare la memoria e/o acquisire i fondamentali di base ed onorare una band che, nel bene o nel male, sia avvia a poter essere definita “storica”.
1. Oh My God (da “Employment, 2005)
Primissimo singolo del gruppo di Leeds. Viene fatto uscire inizialmente nel 2004, ma evidentemente i tempi non sono ancora maturi per accogliere quello che sarà il suono che da lì a poco caratterizzerà la seconda metà degli anni Zero. La band ci riprova nel 2005 e il singolo fa centro, trascinando con sé al successo l’intero album di debutto dei Kaiser Chiefs, “Employment”, che uscirà poche settimane dopo l’estratto. Il sigillo sulla popolarità che il brano riesce a raggiungere in quel periodo è dato sì dal suo 6° posto nella UK Singles Chart, ma soprattutto dal fatto che in breve tempo Oh My God diviene un coro da stadio (in questo caso del Leeds United).
Nel 2007 lo stesso pezzo beneficia di ulteriore visibilità venendo inserito da Mark Ronson nel proprio disco di sole cover, “Version”, nel quale la nuova versione, per l’appunto, è arricchita oltre che dall’abilità di produttore dello stesso Mark, anche dalla voce della cantante inglese Lily Allen.
2. I Predict A Riot (da “Employment”, 2005)
Il secondo singolo estratto da “Employment”, lungi dall’essere un’allegorica critica al sistema, non è nient’altro che la fotografia poco onorevole delle strade inglesi dopo la chiusura dei pub, quando tutti gli avventori ubriachi si riversano nella città dando il peggio di loro stessi. Più classicamente “punky” della sorella precedente, come il loro stesso autore nonché cantante della band la definì in un’intervista ad NME, fu uno dei tre pezzi (insieme proprio a Oh my God e Every Day I Love You Less and Less) che i Kaiser Chiefs suonarono sul palco del Live8 (di Philadelphia nel loro caso) nel 2005.
Qui per i biglietti per le date di Milano e Lagundo.
3. Everyday I Love You Less and Less (da “Emplyment”, 2005)
Terza canzone lanciata in pochi mesi e sempre parte del primo lavoro in studio della band, nonché secondo brano a entrare nella Top Ten dei singoli inglesi. Everyday I Love You Less and Less è il pezzo definitivo per l’ingresso dei Kaiser Chiefs in tutti i cuori indie. Potente, a tratti dissacrante verso un tema apparentemente intoccabile per la musica, ovvero l’amore, ti si incolla al cervello che tu lo voglia o meno e ti tiene con sé fino alla fine dei suoi 3 minuti abbondanti, possibilmente facendoti agitare sulla sedia o ovunque tu sia nel mentre.
A riprova della concreta efficacia del brano, persino M.I.A. ne regala una sua versione durante un’intervista alla BBC Radio1. Un vero e proprio cortocircuito sonoro, ma anche una piccola perla.
4. Modern Way (da “Employment, 2005)
Si arriva con questo brano al quarto atto dell’album “Employment”, che, l’anno dopo la sua uscita, vale ai Kaiser Chiefs la vittoria di ben tre Brit Awards come “Best Group”, “Best British Rock Act” e “Best Live Act” e si guadagna a sua volta un NME Awards come “Best Album”. Modern Way è meno catchy dei pezzi precedenti, ma tuttavia ipnotica, sintetica nel senso materico del termine, asettica ma imprevedibile nel cantato, in una parola schizofrenica proprio come il suo “io narrante”. Inoltre una versione in salsa cubana della canzone è contenuta nell’album “Rythms del Mundo” prodotto a scopo di beneficenza dal progetto omonimo, nato per raccogliere fondi per l’organizzazione “Artists’ Project Earth” .
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5. Ruby (da “Yours Truly, Angry Mob”, 2007)
E nel 2007, con il primo singolo estratto dal loro secondo disco “Yours Truly, Angry Mob”, i Kaiser Chiefs diventano ufficialmente i “numer 1”, conquistando la vetta della classifica dei singoli inglese. Del resto Ruby è un pezzo praticamente perfetto, super catchy ma non stancante, con una dinamica musicale che trascina, si fa presto emblema di un’annata che a sua volta diventerà iconica per tutta la generazione di coloro che nell’indie hanno trovato la propria sottocultura, oltre ad un semplice genere musicale.
6. Everything Is Average Nowadays (da Yours Truly, Angry Mob, 2007)
Altro singolo, altro pezzo ad alto tasso di energia. Questo è un brano che nessuno esiterebbe a definire “di critica”, eppure, come già avvenuto in passato, i Kaiser Chiefs ribadiscono che i loro testi essere contro il sistema, di attacco o provocazione, semplicemente la band si limita a descrivere ciò che osserva e accade intorno a sé. E forse qui sta il segreto. Il mistero di brani che “prendono”, nonostante un’allure da prodotto decisamente poco raffinato, scritti con una genuinità potente e melodie che finiscono per intrappolare. A causa del titolo esplicito, Everything Is Avarage Nowadays si troverà suo malgrado ad incarnare il giudizio medio e lo scontento dei fan della prima ora rispetto ai lavori più recenti della band.
Qui per i biglietti per le date di Milano e Lagundo.
7. Never Miss A Beat (da “Off With Their Heads”, 2008)
Nel 2008 è tempo per il terzo capitolo della saga discografica dei Kaiser Chiefs, “Off With Their Heads”. Per il singolo portante del disco tornano due colleghi illustri già legati al gruppo, ma questa volta, anziché realizzare una versione parallela di un pezzo della band di Leeds, mettono le mani in pasta: Mark Ronson alla produzione e Lily Allen ai cori. Torna anche il legame col calcio, da quello visto allo stadio a quello a video. A sancire l’ennesimo successo dei cinque musicisti, arriva infatti l’inserimento del brano nella colonna sonora di PES 2010.
8. Coming Home (da “Education, Education, Education & War”, 2014)
È il secondo dei singoli di “rappresentanza” del quinto disco dei Kaiser Chiefs, “Education, Education, Education & War”. È l’album di una nuova era che inizia, il primo da quando il batterista, compositore e co-autore Nick Hodgson ha lasciato la band. Coming Home anticipa quella che sarà la tendenza generale futura del gruppo a staccarsi da suoni fortemente identificativi dei primi 2000, più ruvidi, quasi grezzi e volutamente un po’ sporchi, per dare vita a brani più ariosi, corali, sebbene, per i suoi testi, Ricky Wilson definisca questo lavoro “un album di protesta”.
9. Parachute (da “Stay Together”, 2016)
Primo singolo estratto dal sesto album della band. Siamo nel 2016, Ricky Wilson viene da due anni come coach nell’edizione inglese di The Voice, la produzione di “Stay Together” è curata a quattro mani dal leader stesso della band e da Brian Higgins, che ha già lavorato con numerosi artisti di punta del pop britannico. Un suono nuovo si impossessa dei brani del gruppo, Parachute, è inutile nasconderlo, è un brano divisivo. Da una parte i fan della prima ora quasi non si capacitano del sapore dance da hit radiofonica, dall’altra, in effetti, il pezzo mostra la capacità di diventare un tutt’uno col timpano praticamente dal primo ascolto. Parafrasando il noto aforisma “meglio o peggio sta nell’orecchio di chi ascolta”, di sicuro questo è “altro” dai Kaiser Chiefs per come li si conosceva.
10. Record Collection (da “Duck”, 2019)
E’ il brano che incarna e anticipa il ritorno dei Kaiser Chiefs negli studi di registrazione dopo tre anni. Produzione patinata, ritmi facili e ammiccanti, di sicuro un brano in continuità più con gli ultimi lavori della band che con il primo periodo. E del resto non avrebbe senso scimmiottare qualcosa che “è stato”, il passato si chiama tale non a caso. Da questo punto di vista il gruppo dimostra invece che quando sai fare le cose come si deve, nulla ti vieta di provarci ancora e ancora e di cercare di rappresentare qualcosa nel qui e ora. Record Collection, e più in generale l’album “Duck”, sembrano proprio mirare a questo.