“Venti” ha il sapore della zampata del leone per Giorgio Canali. Il 2020, non c’è bisogno di scriverlo, è stato un anno difficile per tutti, ma forse lo è stato ancora di più per chi ha dedicato l’esistenza a due cose quali la disobbedienza civile e la musica rock.
Come dimostrare, dunque, ancora una volta la propria forza anche a quei fan che, probabilmente per qualche dichiarazione non troppo ragionata, avevano iniziato a guardare al leader dei Rossofuoco in modo un po’ diverso, spesso critico anche senza vere riflessioni a supporto? Facile, se sei Giorgio Canali puoi rispondere loro con un album lucido, chiaro, dove non c’è una parola fuori posto, all’interno del quale si parla d’amore, vita, merda, pioggia e sì, ovviamente anche della discussa realtà contemporanea.
Ma Canali non si accontenta di questo, la lucidità infatti viene sbattuta in faccia attraverso ben venti canzoni, un vero e proprio doppio album contenente tutte le grandi passioni musicali del rocker emiliano. Si passa quindi dal rock più distorto e crudo (sempre siano benedetti Neil Young ed i suoi Crazy Horse) al classico cantautorato italiano (soprattutto Francesco De Gregori), dall’attitudine punk e sfrontata ad accenni musicali insoliti di chiara matrice new wave.
“Venti”, malgrado la già citata lunghezza, non solo si fa ascoltare facilmente, anzi ti avvolge, ti stringe fra le sue spire, non ti molla, ti affascina, ti fa male, ti fa piangere e ti fa sorridere. Giunto oramai al settimo album tutto suo (nonché all’età anagrafica di sessantadue anni), Canali riesce nell’impresa non da poco di riunire in un solo lavoro tutte le proprie anime e innalzarle in quella che forse è la sua opera d’arte più vera, matura e sanguinante.
Dopo aver più volte affrontato il suo stesso stereotipo venutosi a creare dalla sua immagine dura e pura, più da personaggio che da persona, questa volta ci si trova di fronte a un’ora e venti di disarmante purezza e sincerità (non che prima non ve ne fosse, ma questa volta, è innegabile, sembra essercene ancora di più).
I brani sono tutti ottimi, tutti emozionanti, sia che si tratti dell’atipica opener Eravamo noi che del classicissimo singolo Rossofuoco style Morire perché. Ci sono gli anthem Nell’aria e Dodici, tracce aggressive come Inutile e irrilevante, Circondati e Proiettili d’argento, le ballad Meteo in cinque parti, Requiem per i gatti neri e Rotolacampo, le alcooliche Tre grammi e qualcosa per litro e Vodka per lo spirito santo, un paio canzoni d’“amore”, Acomepidì e CDM (te la devo), e la battagliera Raptus. Uno dei dischi dell’anno, semplicemente, veramente.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman