Milano, 30 gennaio 2025

Il sold-out di Giorgio Canali all’Arci Bellezza ormai è una vera e propria consuetudine invernale, a cui abbiamo aderito una volta di più, giovedì scorso 30 gennaio. Anche senza canzoni nuove, questo resta un appuntamento di cuore per Milano, che anno dopo anno conferma il suo affetto registrando il tutto esaurito sul palco grande.

Giorgio è il solito, i capelli un po’ più corti, una maglietta nera che porta la scritta rossa “Con la pioggia dentro”, titolo del documentario che sta girando il regista Matteo Berruto. Insieme a lui, immancabili, i Rossofuoco: Marco Testadifuoco Greco al basso, Luca Martelli alla batteria e Stewie Dal Col alla chitarra. Tutte le circostanze familiari del caso concorrono alla composizione di un certo senso di initmità.

A dire il vero, un disco nuovo c’è, con le canzoni di sempre e gli arrangiamenti acustici di Mattia Prevosti, si chiama “Azul como el fuego”. Ma la formazione promette un set movimentato. Giorgio attacca presto, qualche minuto prima delle 21:30. Suona forte e suona dritto, senza troppe interruzioni. Metà del concerto si concetra sui brani di “Pericolo giallo” (2023) e “Venti” (2020).

Come sempre, sorseggia la sua vodka media, brindando ogni due o tre canzoni. “Come dicevano dei vecchi più vecchi di noi, è solo rock’n’roll, ma ci piace”. Sa bene le canzoni che vuole sputare, le sceglie sfogliando il suo portalistini coi testi, ai piedi dell’asta del microfono, davanti ai suoi sei pedalini allineati. Lascia fuori un po’ dei pezzoni corali, quasi ci ripensa quando attacca Precipito, chiede la totale assenza di telefoni, e prontamente la interrompe al primo flash acceso.

Anche questo è parte del concerto che conosciamo e cerchiamo, il ping-pong di provocazioni tra Canali e il suo pubblico, che come dice lui “ovviamente ho ragione io, ma vi voglio bene anche se non capite un cazzo”. E parla meno del solito, ma la sua la dice comunque, la scintilla è sempre il biennio pandemico: “Hanno iniziato a mettercelo nel culo piano e stanno continuando. E non è colpa di chi governa, è colpa di chi obbedisce”.

Probabilmente uno dei motivi per cui amiamo tanto stare lì sotto ad ascoltare il rock di Canali, e a guardarlo ballare male ma bene, è proprio che a un certo punto lui ci lancia la palla. Dopo quasi due ore, la scaletta finisce, ovviamente, con Lettera del compagno Lazlo al Colonnello Valerio. Mentre dal palco salutano, parte a sorpresa una versione disco-chipmunk di Nuvole senza Messico. Prima che se ne scenda dal palco, qualcuno dalla prima fila gli chiede “Chi l’ha scritta questa?”, lui si indica ed esce a fumare.

Mattia Sofo