“Indiesiders” è la nostra nuova rubrica in cui intervistiamo gli operatori del settore per capire da che parte stia andando la nostra cara musica. Uno sguardo offerto da chi questo mondo lo vive da dentro, senza trascurare lo spazio per aneddoti, consigli e sfoghi di ogni sorta. Buona lettura.

 

«Il Bellezza si trova in un edificio costruito nel 1905. È una realtà in cui gli artisti si ritrovano in una situazione diversa da quella canonica. Soprattutto quelli stranieri. È capitato anche qualche settimana fa con i Demon Happy. Sono arrivati, si sono guardati intorno e la prima cosa che hanno detto è stata: “Qui si respira la storia”». In queste poche parole si riassume l’essenza del Circolo Arci Bellezza di Milano. Uno spazio storico, appunto, molto noto da decenni. Ma se un tempo ci si andava per il teatro, gli incontri culturali, le lezioni di danza, i confronti politici e per la sua trattoria, oggi il Bellezza, oltre a tutto questo, è diventato anche una calamita per gli amanti della musica live. Un punto di riferimento (ecco, l’ho detto) per chi ascolta la “nostra” musica.

A trasformarlo in uno dei palchi più importanti della città ci ha pensato l’ultimo consiglio direttivo. Composto, tra gli altri, dal direttore creativo Alberto Molteni. Un professionista del mestiere, ormai da tanti anni nell’universo Arci, passato nel frattempo per esperienze diverse, dall’Alcatraz al Carroponte fino alla produzione di grandi eventi. Molteni si occupa in prima persona del Bellezza dal 2020. Chi meglio di lui poteva aiutarci a scoprire i segreti del successo di questo circolo e a fare il punto della situazione sulla musica dal vivo a Milano? Ecco dunque la nostra intervista.

 

alberto molteni

Alberto Molteni

 

Ciao Alberto, partiamo dalla “ripartenza”. Il periodo del lockdown e quello che ne è seguito è stato cruciale per voi e per il futuro del Bellezza. La trasformazione, forse, è avvenuta proprio lì. Che cosa è successo?

Il Bellezza è un circolo Arci da 50 anni, necessita sempre di tanta cura e tanta voglia di fare. Quel periodo per noi è stata un’occasione per salvare un luogo storico. Uno spazio che nei momenti serali diventa anche un night club a tutto tondo, ma che resta un’associazione pura, con attività per bambini, la scuola di italiano per stranieri, il bar e la ristorazione. Il nostro scopo era quello di mantenere in vita il circolo, ma con una proposta diversa rispetto a quella precedente, che era più discontinua. Di fronte alle difficoltà di quel periodo abbiamo provato a resistere, ma anche a crescere e rilanciare. Fermarsi avrebbe significato annullare non solo i concerti, ma anche tutto il resto.

E come avete fatto, concretamente?

Ci siamo reinventati su tutto, con ostinazione. Abbiamo proposto contenuti via streaming, gli artisti registravano le loro session da noi. Abbiamo aperto un crowdfunding, messo lo spazio nelle condizioni di fare comunque delle attività, organizzato aperitivi da seduti in cui si poteva ascoltare musica. Siamo stati anche fortunati, perché avere due sale concerti ci ha dato maggiori possibilità, mentre la presenza del ristorante ci ha permesso di restare aperti anche quando non si potevano fare spettacoli. Il nostro lavoro alla fine è stato riconosciuto e apprezzato. Oggi il Bellezza è un luogo con tanti associati, che vivono e tornano spesso nel loro spazio. La cosa bella è che la tessera Arci, che in passato a volte era avvertita come una cosa pesante e accessoria, oggi è un simbolo di appartenenza. Anche grazie alla ripresa degli altri circoli in città e al nostro tipo di proposta, chi viene da noi sa che durante l’anno avrà tante altre occasioni di riutilizzare la sua tessera, di trovare persone simili e con gli stessi gusti.

 

Il cortile del Bellezza

 

Già, l’offerta a Milano non manca. D’altronde si dice che la musica in Italia è “milanocentrica”. Sei d’accordo?

Sì, la musica in Italia è “milanocentrica”, lo è sempre stata. A Milano esistono più club, diverse proposte su diversi tagli, c’è un’audience maggiore. Per questo gli artisti preferiscono venire qui. È anche una questione geografica. Penso agli stranieri, che fanno molta fatica a costruire un tour sull’Italia. Arrivano sempre dal Nord, dalla Germania, la Francia, la Svizzera, l’Austria. Passano da Milano, ma raramente possono scendere ulteriormente. In questo momento, poi, siamo entrati in un circolo vizioso. In provincia ci sono state grosse perdite, molti locali non ce l’hanno fatta. Gli artisti in provincia non hanno più gli spazi. E anche quando li trovano, i costi che devono sostenere per andarci sono troppo alti rispetto a quello che possono raccogliere in quelle realtà. Ci sono dei costi fissi che al momento non sono sostenibili in provincia. Ne andrebbe anche della qualità della proposta. A Milano, invece, trovi sempre un compromesso, una soluzione per risolvere tutti questi problemi. Si fanno le date con gli sponsor, si trovano etichette e club disposti a investire, si trova un bilanciamento più facilmente. E anche se i costi sono alti, gli artisti sanno che qui possono fare abbastanza spettatori per ripagarli.

Eppure si sente spesso parlare di crisi…

No, non parlerei di crisi. C’è un insieme di fattori per cui si rischia di entrare in una spirale in cui alla fine chi ne risente è il pubblico. L’aumento del costo dei biglietti, la tendenza ad assistere a meno concerti, il fatto stesso che i concerti siano solo a Milano, le difficoltà economiche degli spettatori, la perdita di qualità, l’abitudine a non concepire più i live in un certo modo e la mancanza di ricambio generazionale, messi tutti insieme, questi elementi rischiano di far crollare tutto. Fortunatamente, però, siamo ancora in una città dove ci sono più soluzioni e dove tendenzialmente c’è almeno un concerto al giorno.

 

Una serata al Bellezza

 

Due concerti al Bellezza di cui vai fiero?

Beh, vediamo… Devo ammettere che andare al “Great Escape Festival” di Brighton, vedere i Deadletter e poi portarli un giovedì sera a Milano per una data piena di gente è stato bello e divertente. Dopo averli ascoltati dal vivo nel loro Paese, li ho visti arrivare al Bellezza in furgone. Stavano girando come pazzi per l’Europa. È stato emozionante averli anche qui. E poi, l’anno scorso, la data di Thurstone Moore. Era il primo aprile. Quando lo abbiamo annunciato, la gente mi scriveva: “Dai, è un pesce d’aprile!”. Invece era vero. Vedere un mostro sacro come lui su un palco che hai costruito con le tue mani è stata anche questa una bella emozione. Abbiamo tirato la pedana per fare in modo che lui fosse più vicino al pubblico. Era tutto sudato, si è fatto due ore e mezza di live. Dal palco ha detto: “Fa un caldo pazzesco, ma è stato il concerto più lungo della mia vita, grazie!”. Per me questo è stato come un riconoscimento di essere riuscito ad arrivare a un buon livello di credibilità e preparazione. Quella sera sono andato a casa bello soddisfatto.

Un aneddoto su quel live?

Ricordo che per quel concerto avevamo preparato il backstage giù, in palestra Visconti. Prima del live ero sceso e avevo trovato il tastierista della band di Thurston Moore attaccato al vecchio calorifero di ghisa della palestra. Il calorifero perdeva acqua e lui stava campionando il rumore delle gocce che cadevano a terra. Le aveva poi riprodotte durante il live.

Qual è il futuro del circolo?

In periodo di pandemia abbiamo ottenuto la riassegnazione dello spazio. Il “bando” era aperto a tutti. Per ottenerla abbiamo lavorato per un anno a un progetto molto grosso, che oltre alla parte culturale comprende anche un piano di ristrutturazione e sistemazione degli spazi in base a tutte le nuove normative estese ai circoli e a chi fa spettacolo. Abbiamo già fatto un sacco di lavori: durante la chiusura estiva abbiamo rifatto tutta la parte di impianto elettrico, le certificazioni, le predisposizioni. Il futuro ci porterà a lavorare ancora sulla sicurezza, sul dehor esterno, gli infissi. Le spese sono folli e completamente a nostro carico, ma è l’unico modo per continuare a fare il nostro lavoro lì. Se tutto va bene, nei prossimi anni faremo delle trasformazioni. È un grosso sforzo, nessuno ci dà nulla, per cui magari lanceremo in futuro una call, un crawdfounding. Sarà tutto più fruibile. Sarà un futuro di crescita della proposta e della struttura.

I prossimi concerti al Bellezza che ti senti di raccomandare?

Te ne dico tre italiani e tre internazionali. Parto con gli italiani: il ritorno dei Sick Tamburo (6 dicembre 2023), Brucherò Nei Pascoli (15 febbraio 2024) e Giorgio Canali (1 marzo 2024). Per gli internazionali dico Ben L’Oncle Soul (21 gennaio 2024), Follakzoid e Steph Strings (7 maggio 2024).

 

Paolo