
A prescindere dal genere, nella nuova ondata di band che si è fatta notare in questo ultimo quinquennio, post-covid per capirci, ci sono anche i Geese, partiti sicuramente più in sordina rispetto ad altri progetti assimilabili. Apparvero un pò dal nulla, sconosciuti ai più, in un’edizione del defunto Todays Festival di qualche anno fa.
Dopo l’estemporanea divagazione solista, più che buona, di Cameron Winter, che del collettivo newyorkese è il punto di riferimento principale, con quell’imprinting stralunato ed eccentrico, è tempo del fatidico terzo disco in cassaforte, a due canonici anni dal precedente, che, a sensazione, potrebbe essere quello dello step definitivo per annoverare le anatre americane tra i gruppi importanti dell’alternative internazionale.
Dico così perché il trasversale disco nuovo merita la giusta attenzione e il chiacchiericcio digitale che ne sta venendo fuori è più che giustificato. Album ispirato, con un mosaico a tinte pastello, composto da brani molto diversi tra loro, sperimentazione, pop, canzone d’autore, avanguardia, chi più ne ha più ne metta, ma non in senso negativo, quanto nella sua accezione più positiva possibile. Peculiarità che ha sempre contraddistinto la band di Brooklyn e che qui trova un climax ancora più maturo e consapevole.
“Getting Killed” è un disco senza dogma, tra dissonanze e ritmo, caos e suoni di ogni tipo. Non è certo un disco facile, sia chiaro, ma forse nemmeno così esasperato da essere troppo poco assimilabile. Un LP d’altri tempi, direbbe qualcuno, e un lavoro al quale trovo sia giusto e sacrosanto dedicare il fantomatico tempo. La mole di proposte è sempre in aumento, ma forse scegliere quei dieci titoli a cui regalare la giusta concentrazione sarebbe un buon auto-consiglio, e questo terzo disco dei Geese lo metterei nella lista.
Ci sono anche episodi, come dire, popolari, quasi istantanei nella loro familiarizzazione. Penso a Cobra, seconda traccia del lotto, ad Half Real o alla ballata in punta di piedi Au Pays Du Cocaine, molto ben scritta. In tempi, in cui è decisamente difficile trovare dischi a cui affezionarsi, forse, lo dico senza sbilanciarmi troppo, potremmo aver trovato uno di questi.
Fabio Campetti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.
