Piacenza, 9 novembre 2024
Ecco, adesso mi crogiolo nella mia spocchia. Mi avvolgo nel mio piumone con la grande scritta “boomer” e la sparo bella grossa: quando vai a vedere concerti come quello dei dEUS, ti rendi conto di quanto sia effimera e bugiarda la strategia del tormentone, della band gonfiata come un palloncino al luna park. E perché no, di quello strano fenomeno del farsi piacere le cose per il solo fatto che vanno di moda.
Insomma, non giriamoci troppo intorno, sto parlando di una serie di band relativamente nuove che negli ultimi tempi godono di un successo un po’ troppo esagerato. Soprattutto in Italia. Ok, sono bravi musicisti. Ok, hanno dei bei pezzi. Ok tutto quello che volete. Ma fatevi un esame di coscienza. Pensate davvero che i Fontaines DC, per citare quelli più in voga (e anche i più dotati, per la verità) siano la cosa migliore vista e sentita negli ultimi anni? Sicuri sicuri?
Beh, se la risposta è sì, allora non eravate al Teatro Municipale di Piacenza il 9 novembre. Lo so, lo so, la mia è una provocazione. Ma vi sento, eh, mentre bofonchiate tra i denti qualcosa tipo “pensa te, ‘sto vecchio di merda”. Lasciate che il vecchio provi a spiegarsi. Quello che voglio dire è che spesso (non sempre) i maestri un po’ attempati hanno il potere di rimetterci in riga e immergerci in un sano e onesto bagno di realismo. A Piacenza i dEUS hanno impartito una lezione di stile, professionismo e qualità non indifferente. Una performance che molte band più giovani, e al momento più note, purtroppo si sognano.
Il fatto è che la compagine guidata da Tom Barman, oggi come oggi, se la filano in pochi. Che aspettative c’erano sul loro ultimo disco del 2023? Nessuna. Qualcuno si è accorto almeno dell’uscita? Secondo me in pochi. Eppure è un bel disco, un lavoro che non suona per nulla superato. Soprattutto se prendiamo per buona la convinzione che il rock sia finalmente tornato. Se a suonarlo fosse stato un gruppo più in trend, forse sarebbe finito nelle classifiche di fine anno. Invece niente, si è accaparrato qualche buon voto e poi è stato inghiottito nel dimenticatoio.
Ma lo zoccolo duro resiste. Ed ecco che il Teatro Municipale si è riempito fino all’orlo per una serata che si è rivelata davvero speciale. In coda all’entrata ho sentito un tizio dire al suo amico: “Instant Street è una canzone che vorresti non finisse mai”. Tipo l’estate per i Negramaro, ho pensato io incattivito per l’attesa. Ma il tizio aveva pienamente ragione. Per me Instant Street detiene ancora oggi il titolo di miglior coda finale di un pezzo rock. Mica poco. A sorpresa, i dEUS l’hanno eseguita come sesto brano in scaletta e non nel filotto conclusivo.
Setlist clamorosa, comunque, infiocchettata da una location splendida, dal fascino antico. How To Replace It, una delle tre nuove tracce suonate questa sera, ha aperto le danze con il suo incedere marziale. Poi è stato un crescendo di hit, chiamiamole così, pescate dall’intera discografia. Segnalo, tra le altre, una struggente versione di Serpentine, suonata dal vivo solo una volta quest’anno e, prima di stasera, una volta nel 2018. Insomma, un regalo preziosissimo, insieme alla conclusione affidata al classico Suds & Soda, che quest’anno ha compiuto i trenta.
Nessuna sbavatura, con Barman e Klaas Janzoon a dettare i tempi, e Mauro Pawlowki, rientrato in formazione nel 2021, a ricamare di chitarra, con qualche scarica elettrica delle sue. Molto bene anche la sezione ritmica, solidissima come sempre con Misseghers e Gevaert in pianta stabile dal 2004.
Ora ditemi. Una band esperta come i dEUS, ancora in forma smagliante, tuttora capace di scrivere pezzi freschi e credibili, perché, dico io, perché non è (più) sulla bocca di tutti? La risposta credo sia una sola e in fin dei conti molto semplice: perché nessuno ce la spinge, sulla bocca di tutti. Tutto qui. Fortuna che quelli di Barezzi ce li hanno riportati in Italia.
Paolo
Foto: Andrea Amadasi
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.