Milano, 25 febbraio 2025
Ci avrei scommesso. Sono bastati un paio di pezzi dal vivo, due soltanto, perché il retrogusto acido e pungente assaporato nell’ultimo disco dei MEMORIALS mi esplodesse in bocca come una caramella frizzante al limone. E allora diciamolo subito: il duo inglese, alla prova del live, ha soddisfatto le migliori aspettative.
Del resto siamo di fronte a due artisti parecchio rodati. Verity Susman, qui nelle vesti di cantante, tastierista e sassofonista, è stata per anni la leader delle Electrelane, icone indie-rock dei primi Duemila, mentre il batterista e chitarrista Matthew Simms è un membro stabile dei Wire dal 2010.
Il progetto MEMORIALS, invece, è ben più recente. Nata nel 2023 come una band sperimentale per colonne sonore, ben presto la coppia ha deciso di cimentarsi in qualcosa di più. “Memorial Waterslide”, pubblicato nel 2024 per Fire Records, è fondamentalmente il loro disco d’esordio. Un parto già maturo, colpevolmente trascurato dai più, che sarebbe giusto accogliere come uno dei migliori album dell’anno passato.
Dentro ci puoi trovare parecchia roba. Quando si parla dei MEMORIALS, per esempio, si citano volentieri il kraut rock e il free jazz. E va bene, ci può stare. Ma la loro cifra stilistica va spesso oltre le definizioni più stringenti. Il concerto al Bellezza ha confermato questa tendenza. In versione live, più ancora che su disco, lo sguardo dei Nostri setaccia ad ampio raggio i territori sconfinati della psichedelia.
L’incipit affidato al singolo Lamplighter, rara reminiscenza delle Electrelane, ha ingannato la platea con il suo indie-pop zuccherino. Poi, però, l’atmosfera si è fatta decisamente più tesa con la strumentale Peacemaker, un trippone downtempo in cui il sax di Susman si ritorce minaccioso. Da qui in poi è stata tutta un’alternanza di alti e bassi, tra ballate stranianti per voce e chitarra (Name Me, The Politics Of Whatever) e cavalcate cosmiche sorrette dalla batteria mancina di Simms (Apcettable Experience e il post-punk di Boudicaaa).
Nei momenti più introspettivi (We Live Here), i due musicisti trafficano a lungo su sintetizzatori, effetti e ammennicoli vari avvolti tra le ghirlande di lucine rosse. Manca forse un elemento in più sul palco, un basso o una chitarra di ruolo, anche se Susman e Simms, da soli, riescono a riempire i vuoti con improvvisi strappi de maratoneti esperti. In corsa, ci infilano qualche incursione nel jangle pop (It’s In Our Hands) e nell’elettronica deviata degli Stereolab (The Roxy).
Di fronte a cotanto materiale, il pubblico ha risposto caloroso scambiandosi occhiate di approvazione. Perché la sensazione era quella di partecipare a un evento esclusivo. Una preziosa gemma da condividere con gli amici fidati. Di quelle che fai fatica a mostrare in giro, perché in fondo le vorresti sempre tutte per te.
Paolo

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.