Milano, 31 ottobre 2024
Collettivo olandese molto interessante, quello dei Personal Trainer, che passa in Italia per presentare il suo sophomore dal titolo “Still Willing”, uscito per la lungimirante e blasonata Bella Union. Quindi sostanzialmente, sebbene non sia un esordio, un progetto nuovo ai più, che merita attenzione, sia per una solida quanto pregevole scrittura, sia perché andando controcorrente rispetto all’attuale momento storico, vanno a ripescare un genere che godeva di una certa attenzione, da prima fascia, negli anni zero.
Progetto che ha tutte le references ben distinte, penso ai Pavement, ma anche ai Broken Social Scene e a tutta quella scena, che, appunto, nella prima decade del nuovo millennio godeva di un ottimo trattamento dalla critica di settore e conseguentemente di un buon riscontro di pubblico, quando ancora i social, di fatto, non esistevano.

Influenze, dalle quali si evince la scelta di non nasconderle a tutti costi, per trovare un’originalità forzata, piuttosto dare una propria rilettura con canzoni convincenti, trattando questa materia, forse, con l’unica strada percorribile, con melodie dal profumo di già sentito, ma notevoli.
È la notte delle streghe in una Milano meno caotica, con il lungo ponte novembrino che ha portato molte persone lontano dalla metropoli. Non c’è l’affluenza delle grandi occasioni, almeno per il concerto, perché poi la festa in maschera regala passerelle gotiche di un certo rilievo; la frase di rito è l’evergreen, pochi ma buoni! È un vero peccato, perché i Personal Trainer tirano fuori un super concerto fatto di brani che si rincorrono, uno più bello dell’altro, un’ora tirata, con il pensiero che se fossero esistiti una quindicina di anni fa, probabilmente ora riempirebbero i palazzetti. Poco male, perché chi c’era sicuramente si è divertito come un bambino al parco giochi.
Allestita, per l’occasione, la palestra Visconti, ormai luogo di culto di un Arci Bellezza che assomiglia sempre di più, per attitudine, al Paradiso di Amsterdam, con una programmazione quotidiana talmente fitta da perdersi tra le proposte.
Dicevo Personal Trainer capitanati dall’eccentrico Willem Smit, bizzarro e preciso in un canto alla Jarvis Cocker, buttano sul piatto tutti i loro capisaldi di repertorio, ancora conciso, ma tremendamente efficace. Round, per esempio, una pop song da sing a long, la divertente Can be your personal trainer, o la sorridente Cyan, cantata a due voci. The Lazzer, tratta dal primo album, è una vera e propria hit mancata, qui ad aprire il primo dei due bis insieme alla stupenda Testing the alarm. O l’urlatissima You better start scrubbing nella mischia. Potrei citarle tutte, perché, nonostante il citazionismo di un genere che probabilmente non esiste più, sono tutte belle.
Affiatati e con un’attitudine alla Arcade Fire, come concetto di famiglia / orchestra, sono ben sette sul palco, intenti a riprodurre fedelmente, quanto in maniera analogica, tutto il repertorio, che, al di là dei succitati momenti storici, non può non lasciare indifferenti.
Fabio Campetti
