Con questo “Serfs Up!”, terzo album di una brillante e velocissima carriera, i Fat White Family affrontano per la prima volta una leggera svolta di natura sonora all’interno della loro produzione. La band londinese decide infatti di allontanarsi dalla frenesia punk degli esordi a favore di un post-punk che fortunatamente non imita la strada già intrapresa dai vari Editors, Interpol, White Lies e compagnia cantante, scegliendo invece di riallacciarsi all’ecletticità di una band sacra quale i Talking Heads.
Il ritmo afro-disco di Feet, il singolo che ha anticipato l’uscita di questo lavoro qualche mese fa, si snoda in un ritornello epico con tanto d’archi per culminare in un finale dagli accenni noise: originalità e buon gusto, e la via è tracciata per l’intero disco. Pur tenendo conto della lezione post-punk inglese (Joy Division su tutti), la successiva I Believe in Something Better gode di aperture melodiche che la slegano dalla claustrofobia intrinseca dei modelli, mentre Vagina Dentata è un pezzo sexy e malato, ideale per un ballo lento tra freaks a fine anno scolastico.
Kim’s Sunsets è un dub distopico, lontano anni luce dalle solari lande giamaicane che diedero i natali al genere, mentre Fringe Runner un crossover impossibile fra Prince, Stranglers e incursioni industrial. Arriva quindi un momento inaspettato, ma meraviglioso: Oh Sebastian è infatti una ballad magica, di quelle che ogni tanto riesce a scrivere il genietto Damon Albarn nei suoi momenti di pura grazia. Tastes Good with the Money gode di una cadenza irresistibilmente marziale che fa da pendant con un ritornello altrettanto irresistibile seppur velato, senza sobbalzi: un brano naturalmente metamorfico. Rock Fishes è un reggae da danzare in un castello stregato verso l’ora del tramonto, mentre la conclusione è affidata a una coppia di canzoni, When I Leave e Bobby’s Boyfriend, che ripescano a piene mani dal rock’n’roll dark e vampiresco, qui in versione lenta, dei Cramps. Tre lavori su tre azzeccati, e per i Fat White Family si prospetta una carriera ancora interessante e molto longeva.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman