Cronache da Londra: a volte ritornano. Dopo aver inevitabilmente fissato il muro per settimane, in silenzio, abbiamo deciso di tornare ad ascoltare musica, come prima, no: più di prima, anche se in modo diverso. Improvvisamente, ci troviamo e ritroviamo tutti, nel mondo, nella stessa identica situazione: stiamo vivendo tempi strani, siamo di colpo i protagonisti di una brutta serie tv, una di quelle che non ci piace ma che non riusciamo a non guardare. E allora, folks, sentiamoci totalmente liberi di essere scettici nei confronti di coloro che non hanno avuto nemmeno un momento di sconforto nel reagire e nell’agire dopo questa brutta botta. C’era bisogno di processare la cosa, attraversarla, passarci dentro letteralmente: come dicono gli inglesi “go through it”.

Chi vi scrive lo fa da Londra e credetemi: fa davvero male sentire il silenzio rumoroso di questa città. Fa male vederla tremendamente immobile. Ho trascorso giornate intere ad urlare “Fuck this shit”, mentirei se dicessi il contrario. E siccome scrivere è verità e leggere è un atto di fiducia allora vi dico che ho trascorso giornate intere senza ascoltare nemmeno una canzone. Io, io che senza musica non posso stare nemmeno trenta secondi.

Ora però ho riacceso il mio juke box perché, anche se i concerti sono bloccati e le gigs scomparse, le location chiuse, e non sono sotto ai palchi ogni sera, io della musica non posso fare a meno. Proprio no. E voi nemmeno! E là fuori ci sono ancora centinaia di band emergenti che stanno cercando di sopravvivere come meglio possono e si stanno adoperando a far suonare e risuonare le loro canzoni ad un volume ancora più alto, anche se da casa. E allora prendete carta e penna, stappate una birra, aprite le vostre piattaforme di musica e mettetevi all’ascolto. Abbiamo scelto per voi cinque band da scoprire direttamente dal Regno Unito. Gustatevele ora che sono ancora di nicchia, perché presto esploderanno e voi potrete dire “Io li conoscevo già.

TALK SHOW

Definiti “una forza della natura” dalla rivista musicale Clash, i Talk Show si sono conosciuti all’università di South London due anni fa e hanno deciso di mettere su una band dalla potenza magnetica. Il loro è un sound ispirato al new wave dei primi anni ottanta. Li avevamo scoperti una sera sul palco della House of Vans dove, in effetti, non si finsice per caso e ce ne eravamo perdutamente innamorati. I Talk Show sono: basso distorto, chitarre sferraglianti e voce industrial. Abbiamo fatto loro la domanda, forse, più bastarda che si possa fare ad una band: qual è il vostro live preferito? E ci hanno risposto che “fare gigs internazionali è sempre incredibile, ma una volta abbiamo suonato in un ex maneggio dell’esercito a Zurigo. Appena salimmo sul palco e attaccammo con la prima nota tutti impazzirono. Sembrava un sogno perché tutti conoscevano le parole e cantavano.” Prima canzone che il juke box vi propone è: Stress.

DO NOTHING

Scoperti la stessa sera dei Talk Show sempre alla House of Vans, i Do Nothing arrivano in città dritti da Nottingham e sono già saliti sui palchi di svariati festival estivi in giro per l’Inghilterra. Il loro sound è principalmente un post-punk minimale, senza troppe pretese, ma con una personalità unica. Quello che fanno, dunque, lo fanno bene. Batteria che può ricordare Ginger Baker dei Cream e armonie di chitarra dissonanti, basso presente e portante. Il frontman Chris Bailey si autodefinisce un “tipo triste che indossa un completo triste” ed è perennemente nascosto dietro ai suoi occhiali da sole neri. Gettone juke box per: Gangs.

WORKING MEN’S CLUB

Scoperti una sera all’Earth di Hackney come supporting band dei Fat White Family, e poi rivisti mesi dopo all’Old Blue Last a Shoreditch, i Working Men’s Club sono una vera e propria bomba ad orologeria. Vengono da Manchester e ogni volta che fanno un live il pavimento rischia di crollare. Si definiscono una band non post-punk, anche se in molti lo pensano. Si rifanno piuttosto alla scena musicale house di Detroit. Hanno iniziato a suonare come una guitar band ma poi, stufi, hanno iniziato ad esplorare il mondo della drum machine, programmando i propri beats. I Working Men sono una band estremamente giovane ma già molta matura ed assolutamente immersa nella sperimentazione. La batteria campionata e il sinth cospargono e riempiono, creando un’atmosfera fluttuante, insieme al basso quadrato e alle chitarre effettate. Gettone juke box per: Bad Blood.

EGYPTIAN BLUE

Visti al Rough Trade East di Brick Lane, e rivisti come supporting band degli Yak (cioè!), sono anche stati la band spalla del tour dei Murder Capital. Insomma: gli Egyptian Blue sono dei fichi stratosferici. Vengono da Brighton e sconquassano l’anima. Dal sound assolutamente british e post-punk, gli Egyptian sono giovani ma hanno una personalità già ben definita. Insoliti riff frastagliati e controtempo, voci trascinate e urla ovattate, energia spesso tesa e nervosa: tutto questo crea un’atmosfera da rito pagano meravigliosa. Da ascoltare live più e più volte, sono un gran bel casino. Gettone juke box: To Be Felt.

HOTEL LUX

Originari di Portsmouth, hanno deciso di trasferirsi a Londra per la loro musica. Hanno già suonato un bel po’ in giro per l’Inghilterra. Il loro sound nasce come miscela di un rock frizzante da pub, uno ska e un indie bello peso, caratterizzato anche da colori sporchi e crudi tipici di quelle aree metropolitane industrializzate. Quando salgono sul palco si portano dietro un’ atmosfera chiassosa e un ritmo sempre più incalzante. Andate poi anche a guardarvi il video della canzone Eddie’s Gaff che è “il risultato della noia di questo periodo di quarantena e rappresenta le cose che tutti davano per scontato qualche settimana fa”. Anyway, gettone juke box: The Last Hangman.