Roma, sabato 11 novembre 2017

È già tutto pronto. Due chitarre, due bassi, i marchingegni di Tyler Pope ben disposti accanto alla batteria. Un fonico sale sul palco e lascia qua e là qualche bottiglia di minerale. Sarà un live sudato, questo è certo. Con i Chk Chk Chk stare fermi è un’impresa. Provaci tu. Se ci riesci ti offro una birra.

La mia è già finita. Dal bar mi sposto in platea. La sala del Monk è quasi piena, anche i tiratardi sono arrivati. Tutti gli occhi sono puntati verso il centro della scena, non dovrebbe mancare molto. Ho un urlo intrappolato in gola, come un nighiri con troppo riso. Quando la band di Sacramento farà il suo ingresso, lo lascerò esplodere senza remore. Ma in questa attesa che sa di travaglio, non riesco a fare a meno di soffermarmi su un monitor da palco regolarmente sistemato in alto a destra.

Ma chi ha già visto i Chk Chk Chk dal vivo conosce bene di quali evoluzioni sia capace il cantante Nic Offer. Ed è proprio per questo che quel monitor mi preoccupa. Sono praticamente certo che prima o poi ci andrà a sbattere con la testa. Provo a non pensarci. Se non ci penso non succede. Di solito funziona così. Poi le luci si abbassano e la band sale sul palco. Libero l’urlo e comincia la festa.

Nic Offer, come da copione, è l’ultimo a fare irruzione dal backstage. Il look è quello già visto in uno degli ultimi video. Il pantaloncino corto non manca mai, le scarpe da basket e la giacca azzurra fanno il resto. Il gruppo attacca con NRGQ, dal nuovo album “Shake the Shudder”, ed è subito pazzia. Offer non necessita di riscaldamento. Le sue mosse di danza sono schizofreniche ma attentamente studiate, sfacciate e meccaniche. Sembra di vedere un Mick Jager senza spocchia, con la voglia di divertire e divertirsi. L’effetto, manco a dirlo, è immediato. Sul volto dei fan si disegna un sorriso destinato a restare fino alla fine del live.

Anche l’espressione di Offer è sempre la stessa. La bocca aperta, la lingua quasi a penzoloni, lo sguardo oltre la tangenziale est. Quando si affaccia in transenna, lancia schizzi di sudore scuotendo il capoccione. A proposito, la testa. Lo spigolo del monitor è sempre in agguato. Si lancia sulla destra e quasi ci va a sbattere. Sulle note di Pardon My Freedom, uno dei pochi brani ripescati dalla prima parte della loro discografia, sculetta sul lato corto del palco e poi si lancia fra il pubblico.

Il groove della band è pazzesco, i gloriosi esordi disco-punk lasciano ancora il segno, almeno dal vivo. L’apporto della cantante Lea Lea è decisivo nell’economia del gruppo e nell’impasto generale del nuovo sound. Una voce femminile come la sua, potente e carica di soul, è nettamente più incisiva dell’ex secondo vocalist John Pugh. La resa è importante anche a livello scenico. Nonostante un evidente tutore alla gamba, Lea Lea non si risparmia nell’improvvisare coreografie con Nic Offer.

La scaletta procede senza grosse pause ripercorrendo gli ultimi album della band. Da Dancing Is The Best Revenge a Freedom! ’15, fino a One Boy/One Girl. I Chk Chk Chk danno il meglio con la cassa dritta e il basso a cavalcare l’onda. Il loro leader non è mai domo. Mai. Nemmeno quando si asciuga i capelli con uno straccio putrido. Lo fa alla fine di ogni pezzo, con un vigore tale che sembra volersi svitare la testa. Ecco, ancora lei, la testa. Sul finale Offer sfiora il monitor ancora un paio di volte. La prima lo schiva riparandosi con la mano, la seconda fa finta di nulla e va ad avvolgersi nella tenda nera del sipario. Tipo insaccato.

Le speranze di ascoltare Me And Giuliani Down By The Schoolyard sono poche. E infatti non la fanno. Il set si chiude con Slyd e l’encore Heart Of Hearts. Anzi no. Il pubblico ne vuole ancora e chiama a gran voce la band un’altra volta. E allora il cantante fa di nuovo capolino dalle retrovie. Sale da solo sul palco e inizia a suonare la batteria da fracassone alle prime armi. É il preludio al gran finale con Our Love (U Can Get). Poi tutto finisce, fuori fa un gran freddo e la voglia di uscire è poca. Guardo il monitor per l’ultima volta. Poteva essere una tragedia, penso. E invece è stato uno sballo.

Paolo Ferrari

 

SETLIST: NRGQ, All You Writers, Pardon My Freedom, Throttle Service, Dancing Is The Best Revenge, Freedom! ’15, The One 2, One Boy/One Girl, Yadnus, Slyd. ENCORE: Hearts Of Hearts. ENCORE 2: Our Love (U Can Get).