Esplosi due anni in un panorama musicale inglese che si appoggiava sugli allori del post-punk, i black midi si sono immediatamente imposti come i rappresentanti di un futuro diverso. Punk? Jazz? Rock? Classica? Noise? Prog? La giovanissima band londinese mescola con spiccata naturalezza ogni genere musicale esistente creando un suono personale e chiaramente riconoscibile. Se proprio volessimo inserirli a forza in qualche movimento, potremmo avvicinarli, almeno per coraggio e follia sonica, ai compaesani e pressoché contemporanei Black Country, New Road (che addirittura citano i black midi in un testo del loro album d’esordio uscito alcuni mesi fa).
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Laddove l’esordio si basava quasi completamente su pura improvvisazione, questo secondo lavoro sulla breve distanza, oltre a vedere un primo cambio di formazione a causa dei problemi mentali del cantante-chitarrista Matt Kwasniewski-Kelvin, è stato assemblato pezzo per pezzo un po’ a causa della pandemia, un po’ per una ben precisa scelta stilistica. La proposta del trio, qui aiutato dai tournisti Seth Evans alle tastiere e sintetizzatori e Kaidi Akinnibi al saxofono, viene quindi “normalizzata”, pur restando originalissima e fuori da ogni schema.
“Cavalcade”, in otto brani anticipati da un’atmosferica intro, trasporta l’ascoltatore in un viaggio inaspettato, a tratti schizofrenico e poco agevole, a tratti onirico e rilassante. Troviamo le emozionanti e vigorose John L, Chondromalacia Patella, Slow, Dethroned e Hogwash And Balderdash, la quasi classica ballad Marlene Dietrich e l’eterea Diamond Stuff. A chiudere, il prog (?!) da ventunesimo secolo di Ascending Forth. Di certo c’è solo che per un album e una band così le parole non sono assolutamente sufficienti. Fatevi quindi un piacere e ascoltatevi “Cavalcade”, sarà sicuramente un’esperienza nuova, diversa e interessante. Mica poco per un gruppo di più o meno ventenni.
Andrea Manenti
Photo Credit: Yis Kid

Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman