Nono album in studio, quarto lavoro completamente in lingua italiana e secondo dall’inizio della fase side project di due terzi del gruppo (Andrea Appino in veste solista e Karim Qqru con La Notte dei Lunghi Coltelli). I tre toscanacci tornano e lo fanno in grande stile con quello che molto probabilmente è il loro miglior disco dai tempi di “Andate tutti affanculo” (annus domini 2009).
Produzione perfetta, grandi suoni, compattezza musicale e liriche che, pur non spaziando moltissimo dai soliti argomenti di vita vissuta del leader Appino, sono di un livello molto alto rispetto alla media italiota. Nel raccontare se stesso Andrea racconta anche il nostro Paese e il mondo occidentale tutto, e lo fa con lucidità e crudezza a volte sconcertanti (la sublime Zingara (il cattivista), da ascoltare rigorosamente guardando il videoclip ufficiale, potrebbe risultarvi una delle opere più tristi, assurde ed urticanti viste ultimamente).
“La terza guerra mondiale” sembra narrare di una maturità sofferta, forse non sempre voluta, e lo fa a volte con le melodie cantabili di ballad quali Non voglio ballare, un brano in cui è molto facile rispecchiarsi, o del singolo L’anima non conta, poetico e dal gusto classico (un classico che sa riprendere tutto il classico, anche quello contemporaneo come nell’assolo finale di chitarra in pitch alla Jack White, uno degli artisti più classici in circolazione), altre volte con il power pop di rara intensità di Ilenia, con la sua narrazione al femminile.
La title track, con la sua bellissima intro acustica, unisce il punk al cantautorato e vive di dura ironia (“una guerra mondiale ancora / per vedere che fareste ora / voi che parlate di fucili / di calci in culo ed esplosivi / una guerra mondiale ancora / una vera e non su tastiera”), Pisa merda rende artistico persino un coro da stadio paragonando la provincia alla merda, Niente di spirituale è più intimista, San Salvario sembra lottare con la maturità cui si parlava prima (“passeggio solo e un magrebino mi chiede come va / gli dico bene tutto apposto / chissà che droghe avrà / quasi quasi ricomincio a 38 anni suonati”), mentre Terrorista la immagino già cantata a squarciagola ai concerti dalla generazione post Bataclan: “Danzeremo anche sotto le bombe / lo abbiamo già fatto lo faremo sempre finché durerà”. Il finale è lasciato ai dieci minuti torrenziali della pessimista Andrà tutto bene, in cui lo sfogo è finito e rimane solo silenzio.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman