The Get Up Kids, band fondamentale della seconda ondata emo-punk, torna ad otto anni di distanza dall’ultimo album “There Are Rules”, ma soprattutto dopo venti da quello che è stato un vero e proprio capolavoro del genere: “Something to Write Home About”.

Se in Italia la fama della band non è diffusissima, è pur sempre vero che anche il pubblico tricolore non è rimasto del tutto all’asciutto da questo sound e da questo modo d’intendere le emozioni più intime e personali, soprattutto grazie all’album del primo addio dei famosissimi Blink 182 (il lavoro omonimo), ma anche grazie agli Shandon del bellissimo “Sixty Nine”.

“Problems” può quindi essere un disco digeribile da ampie fasce di ascoltatori e ciò sarebbe un gran bel bene. Quest’ultima fatica della band statunitense riprende infatti il loro anno d’oro, il 1999 di “Something to Write Home About” appunto, ma lo fa non disdegnando l’immersione in un sound maggiormente maturo e contemporaneo.

La batteria impazzita del punk hardcore californiano anni Novanta si scontra con la melodia appiccicosa e irresistibile dei Goo Goo Dolls, la chitarra distorta alle armonie del pianoforte: il risultato è un piatto gustoso e prelibato.

Dall’opener Satellite, che è già inno, alla conclusiva ballad strappalacrime Your Ghost Is Gone, la band capitanata da Matt Pryor e Jim Suptic spara dodici cartucce che centrano facilmente il bersaglio. The Problem Is Me è perfetta nella sua orecchiabilità estrema, Salina scioglie i cuori, durante Now or Never vi ritroverete a saltellare. Fairweather Friends ha la stoffa di un anthem, Common Ground e The Advocate sono la faccia dark della band, Symphony of Silence un mid tempo alla velocità dei battiti del cuore, Brakelines una rincorsa della felicità.

Un discorso a parte lo meritano Waking Up Alone, perfetta party song con sonorità totalmente contemporanee cui è impossibile sottrarsi, e soprattutto l’omaggio a Lou Barlow (Dinosaur Jr., Sebadoh) del brano che ne porta il nome, il cui verso d’apertura (che è poi anche quello conclusivo) sintetizza perfettamente i The Get Up Kids così come tutto il genere emo-punk (“I saw Lou Barlow on the street, I don’t think he noticed me) e la sua continua, ma sfortunata (e ingiusta) ricerca di riconoscimenti da parte di un pubblico rock spesso veramente troppo snob.

Andrea Manenti