Arrivata, all’interno della sua esaltante strada attraverso il Rock’n’Roll, al terzo album – “Weekend Man” – la band svedese dei Royal Republic recupera le caratteristiche base dei due lavori precedenti per confezionare un’opera matura e brillante. Dove l’esordio del 2010 “We Are the Royal” si inseriva come figlio diretto della sacra tradizione scandinava legata a nomi quali Hellacopters, Backyard Babies, Turbonegro o Gluecifer, il successivo “Save the Nation” aveva invece aperto le porte anche al miglior alternative del decennio. Questa ultima fatica riprende quindi le migliori intuizioni degli anni passati e le fonde con una nuova carica che deve molto anche al classic rock e che fa risplendere i nuovi quindici brani di una sanissima voglia di ballare e muovere il culo come purtroppo raramente accade alle band giovani nei tempi che corrono.
L’introduzione è affidata a “Here I Come (There You Go)”, brano che pone subito i quattro di Malmö come ottimo incrocio fra novelli Hives e Beatsteaks, mentre “Walk” è punk 77 e “When I See You Dance With Another” è anch’egli fottutissimo Rock’n’Roll! Da notare all’interno del disco anche episodi sui generis come ad esempio lo stoner cantato a la Freddie Mercury (e scusate se è poco!) di “People Say That I’m Over The Top”, il sixties garage di “Kung Fu Lovin’”, il mix fra basso Muse / melodia U2 epici / chitarre Clash di “Follow the Sun”, l’aria demenziale di “Uh Huh”, l’ottantiana “Any Given Sunday” o il gioiellino paraculo alla Lenny Kravitz di “American Dream”.
Un terzo album che merita di lanciare i Royal Republic nell’Olimpo del Rock.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.