Insomma, ci voleva tanto? Eppure la domanda era banalotta: è possibile che non ci sia più una sola band in grado di pubblicare un buon disco di spensierato indie-rock? Pronto? C’è qualcuno? La risposta, pur tardiva, è arrivata ancora una volta dalla lontana Australia. Si chiama “Sideways to New Italy” ed è firmata dai Rolling Blackouts Coastal Fever. Il gruppo di Melbourne è infatti piombato sul pianeta che un tempo fu dominato dai Go-Betweens e si è appropriato dello scettro che ormai gli spetta di diritto.
Un pianeta, va detto, che da tempo appare molto simile all’immane deserto (non a caso australiano) in cui Mad Max si fronteggiava con i predoni Humungus. Nel deserto dell’indie-rock, però, non ci sono rivali. O comunque sono pochini. Certo, ricominciare a combattere con una chitarra per lanciarazzi non è da tutti. Ma vincere, ammettiamolo, è piuttosto facile. Ciò non toglie che il nuovo lavoro dei Rolling Blackouts Coastal Fever sia molto ben riuscito, frizzantino al punto giusto e non privo di un certo coraggio.
Il quintetto si era presentato al mondo prima con due EP e poi, nel 2018, con un disco obiettivamente bellissimo, “Hope Downs”. Il tipico esordio trasformato in un instant classic nel giro di due singoli. Questo secondo album, pubblicato ancora una volta da Sub Pop, riprende in sostanza la strada abbandonata un paio d’anni fa. Ma usa un piccolo accorgimento: per mantenere l’aderenza e non deragliare nel polverone sollevato da chi li ha preceduti, i RBCF hanno deciso di giochicchiare un po’ di più con il freno e la frizione.
Il risultato è una collezione di dieci brani che alternano ritmo sostenuto e atmosfere più languide. Scatti in avanti e pause di defaticamento al piccolo trotto. Il tutto imbevuto nei due elementi che fanno dei Rolling Blackouts Coastal Fever una band moderna e non soltanto un clone dei loro padri. Da una parte la patina plasticosa che li rende lucidi anche agli occhi dei più giovani, pur senza andare oltre i limiti di guardia; dall’altra la bolla di malinconia che ingloba da sempre ogni loro canzone. Lo spazio per ballare c’è, ma è delimitato da una sottile luce al neon che abbassa la temperatura interna.
In questo continuo diluirsi delle tinte estive in quelle più amarognole dell’autunno, l’Australia gioca di certo un ruolo importante. E forse è ancora più incisivo il riferimento alla New Italy che dà il titolo allo stesso album. Trattasi di un minuscolo villaggio a 700 chilometri da Sydney, fondato nell’800 da un gruppo di avventurieri veneti in cerca di fortuna. Il batterista Marcel Toussie ha origini proprio qui, e non c’è dubbio che anche i fratelli Joe e Tom Russo abbiano antenati italiani. I testi di “Sideways to New Italy”, dunque, a partire dall’iniziale The Second of the First, indagano qua e là sulle radici dei propri autori, alla ricerca di un passato che non è soltanto cronologico, ma anche spirituale.
In questo viaggio a ritroso, i RBCF devono aver attraversato le lande desolate dell’East Coast australiana con un paio di dischi dei War on Drugs e dei Real Estate caricati nell’autoradio. Il cambio di marcia è evidente in brani come Beautiful Steven e Sunglasses at the Wedding, in cui l’indie-rock cede il passo a un guitar pop più compassato. Una vera novità per una band votata prevalentemente a un sound più immediato, se non fosse per qualche rimando alle primissime produzioni.
L’esperimento è piacevole, ma il gruppo continua a ottenere il massimo soltanto quando spinge sull’acceleratore. Merito soprattutto di un motore a scoppio poderoso, in cui le chitarre dei tre fondatori costruiscono trame intriganti alla maniera dei cari vecchi Byrds. Su questo tappeto sonoro decisamente ricco, le voci disegnano melodie pop semplici e dirette, che sfociano spesso in ritornelli killer. È il caso dei singoli Falling Thunder, She’s There e Cars in Space, con una predilezione per i primi due. Sfido chiunque a scrollarseli di dosso in una manciata di ascolti. Quel sorriso lì, ve lo porterete dietro fino alla fine dell’anno. Quando alla resa dei conti sarete costretti a decidere se inserire o meno “Sideways to New Italy” tra le migliori uscite del 2020.
Paolo
La foto usata in copertina è di Peter Ryle
![](https://indie-zone.it/wp-content/uploads/312c7ed53c831c5a5977ba5100715829.jpg)
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.