Non nuovi a questo tipo di operazioni, i NOFX tornano a vestire i panni di band amiche (anzi, in questo caso di artisti amici) grazie a questo split con l’inglese Frank Turner, all’interno del quale i californiani suonano cinque brani del folk punker lasciando a lui l’onere e l’onore di riproporne cinque del loro repertorio.

Se è innegabile che questo lavoro non potrà passare alla storia del genere come invece era successo per lo storico incontro di 18 anni fa tra NOFX e Rancid, è pur sempre vero che la scaletta è godibile ed entrambi i fautori del progetto hanno svolto bene il proprio compito.

La dolce ballad per voce e chitarra acustica Substitute, nelle mani del quartetto di Los Angeles, diventa un inno punk di comparazione fra amore e musica (in questo caso punk e reggae ovviamente), mentre la cupa Worst Things Happen at Sea, dall’esordio solista di Turner (precedentemente era il leader della band post hardcore Million Dead, se non l’avete procuratevi il bellissimo “A Song to Ruin”), rimane sugli stessi toni pur trasformandosi grazie all’ossessivo palm mute distorto. Thatcher Fucked the Kids e Ballad of Me and My Friends sono puri rifacimenti in stile ska e hardcore punk degli originali. Più interessante la conclusiva Glory Hallelujah, in questa versione destinata a diventare un’Imagine punk cantata a squarciagola da tutti i componenti del Punk in Drublic Festival insieme.

Il secondo lato del disco, affidato a Frank Turner, si rivela all’altezza della prima parte. Si comincia da una Scavenger Type più grintosa dell’originale, per passare a una Bob in stile springsteeniano, una Eat the Meek dalle ritmiche sperimentali e una Perfect Government gioiosa da pub irlandese. L’album giunge alla fine con la riproposizione di un brano non fra i più noti dei NOFX (Falling in Love), qui epitaffio acustico di rara intensità esecutiva.

Andrea Manenti