In questo periodo assurdo di staticità e divano, la musica non si ferma. Abbiamo fatto una selezione di 4 dischi fantastici usciti questo mese di musica che (forse) non avete mai sentito.
Pufuleti – Catarsi Aiwa Maxibon
E’ da un po’ di anni che escono barre parruccate di storie per bambini e genitori. Era da tanto tempo che speravo in un ritorno trionfante dell’hip hop italiano, quello grezzo. Bene, al primo ascolto di questo disco mi sono commosso, tutto grazie ad un ragazzo nato in Sicilia, in provincia di Agrigento ed emigrato da bambino a Ratisbona, Germania. Scorci di una Sicilia popolare tra limoni e mercati, che si scontra con la lingua dura e spigolosa tedesca; l’amore per gli anni ’90, il boom bap di una volta che si accoppia con un modo assolutamente innovativo di scrivere le barre. Pufuleti è il Joe Cassano che tutti noi speravamo di ascoltare di più dopo la morte prematura, il rapper che ogni incastro lo fa pesare un macigno, come se dovesse uccidere l’mc che ha di fronte. E’ tornato, finalmente e con un pizzico d’estetica vapor wave che non fa mai male, il rap stiloso e senza peli sulla lingua.
Tony Allen & Hugh Masekela – Rejoice
Dopo quattro anni dalla morte di Hugh Masekela, esce questo capolavoro, una testimonianza molto preziosa per quanto riguarda la musica africana e le sue contaminazioni. Di questo si parla, quando c’è di mezzo lo straordinario Tony Allen, creatore dell’afrobeat non che storico batterista di Fela Kuti ed Africa70. Il suo ultimo disco è un incontro intimo e spirituale con il trombettista Masekela: la musica fluttua leggera, nulla è forzato e non ci sono spigoli. La tromba compone frasi ritmiche e melodiche con un suono disteso, e si incastra alla perfezione con un groove batteristico totalmente fuori dal comune in questi tempi: non c’è virtuosimo ne ego – trip, i tamburi suonano con un respiro che vale più di mille note. A completare l’opera, i musicisti coinvolti sono tutti appartenenti alla nuova scena jazz inglese, si parla di Joe Armon Jones alle tastiere e Chashi al contrabbasso. Insomma, “Rejoice” si conferma come l’ennesima prova dell’incontro geniale tra jazz e afrobeat, un disco sicuramente da avere.
Pleasure Pool – Night Scars
Il suono Underground di Glasgow si trova nelle note dei Pleasure Pool. I quattro ragazzi della metropoli scozzese esordiscono con un Ep che farebbe ballare anche i miei vicini di 84 anni. Tre pezzi messi in fila uno dopo l’altro senza peli sulla lingua, e quando finiscono ne vorresti di più, soprattutto in questo periodo di staticità assoluta. La cassa dritta comanda, condita da bassi salterini alla detroit e voci oniriche, a metà tra un rave delle 6 di mattina e un viaggio psichedelico. Dicono: “8 AM. Nell’umidità, fantasie secche. Mood blu, contemplativo. Il basso vibra ancora, vibra attraverso le tempie. Cerco di essere stanco, provato, ma chi ha bisogno di dormire stanotte? E’ un modo di svegliarsi, per sognare, troppo sognante per dormire. Altri giorni stanno iniziando, bene. Aria, il cuore frenetico. Battere. Batte di notte, batte di giorno. Rosso. Letto? Non ancora. Passa al verde, anche se è grigio. C’è sempre tempo per giocare.” Ecco come ti lasciano i Pleasure Pool. Ora, spezza la monotonia di questi giorni, metti su “Night Scars” e fatti trasportare.
Collocutor – Continuation
Collocutor è un bellissimo progetto di jazz modale, formato e diretto dalla sassofonista e compositrice Tamar Osborn (alias Tamar Collocutor). Attingendo a influenze di ampia portata, dall’era elettrica di Miles Davis al minimalismo attraverso la musica classica indiana e il suono etiopeque, quest’ultima uscita è sicuramente la migliore: il disco è una suite, che culla l’orecchio attraverso situazioni meditative e momenti apice di distorsione assoluta. Il suono soffice dei fiati trasporta l’ascoltatore in una sorta di dialogo continuo, tra riprese di temi e contemplazioni astrali. Le percussioni indiane dei primi brani creano un’aspettativa forte per quello che sta per succedere dopo, dove in Pause il disco si apre con un groove spezzato e più energico. L’apice si raggiunge in The Angry One, brano isterico ai confini con un certo free jazz radicale. E’ molto interessante osservare come questi brani insieme funzionino così bene, evolvendosi continuamente senza risultare noiosi e ripetitivi. “Continuation” è la prova che i Collocutor siano un ensemble formidabile, e Tamar Osborn si conferma come una delle compositrici migliori di questo periodo.
A cura di Pietro Gregori
Mi racconto in una frase:
Sono ossessionato dai dischi che escono ed io che li perdo.
I miei 3 locali preferiti per vedere musica:
ArciBiko (Milano), Santeria (Milano), Tempio del Futuro Perduto (Milano)
Il primo disco che ho comprato:
Billy Cobham – Spectrum
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Billy Cobham – Spectrum
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Mi piace fare delle ipotesi su cosa pensano di me determinati animali.