Eccoci al secondo appuntamento di Musica Aumentata, la nostra nuova rubrica che partendo da una canzone distende su queste pagine un raccontino. Nulla di pretenzioso, s’intende. Ci piacerebbe vedervi con i piedi a penzoloni su di un qualche muretto e osservarvi di sottecchi mentre muovete le dita per scorrere questa paginetta. Tutto qui.
Questa volta partiamo da 79 Shiny Revolvers di Rayland Baxter, cantautore alt-country americano che ha da poco pubblicato il suo ultimo album, “Wide Awake” (qui la nostra recensione). Ascoltate e leggete.
L’estate era alle porte, carica di promesse. Ma il ragazzo, fissandosi nervosamente i piedi, sentiva solo un’aria di abbandono. Cercava di non fissarla, pur continuando a stringerla con forza.
“Dobbiamo dividerci”, disse infine. Voleva mantenere il tono basso, da adulto, ma non riusciva ancora a controllare le corde vocali.
Tutto cambiava così velocemente nella sua vita.
“Non hai nient’altro da aggiungere?”, disse lei.
Passò qualche secondo, poi lui si decise ad alzare gli occhi da terra. “È stato bello, davvero, ma…”.
“Non c’è ma”, lo interruppe lei, “Noi siamo una cosa unica. E lo sai anche tu”.
Pensò alla prima volta che l’aveva vista. Splendeva, sembrava fatta apposta per lui.
“Tu non capisci”. Scosse il capo, come se cercasse di sbrogliare le parole nella sua testa. Inutilmente.
“Che cosa non capisco? Che all’improvviso tutto ciò che abbiamo condiviso non vale più niente?”.
Ciò che avevano condiviso. Guardò il lago di fronte a sé pensieroso. Si ricordò di com’era qualche mese prima, un ragazzo solitario, gracile, lo zimbello della scuola. E di come lei lo aveva reso sicuro. Di come gli altri avevano cominciato a guardarlo dopo il suo arrivo.
Rispetto, timore.
Paura.
“Devo imparare a farcela da solo”, disse d’un fiato, deciso. “Non posso sperare che tu sia sempre al mio fianco”.
“Ma io ci sarei!”
“No”. La fissò con gli occhi lucidi. “Non potresti. Non lo voglio”.
“Quindi finisce così. Ora che non hai più bisogno di me, mi abbandoni al mio destino”.
“Non posso fare altrimenti. Tornerei subito da te alle prime difficoltà”.
“Già, ti conosco”, disse lei con amarezza. “Ora cosa farai?”
Il ragazzo guardò ancora il lago, alzando la mano con cui la stringeva. Una lacrima gli scese lungo la guancia.
“Così sia”, disse la pistola, poi tacque.
Temette di non riuscirci. Pensò alle decine di volte che l’aveva portata con sé, agli spari in mezzo al bosco, allo stupore del compagno a cui l’aveva mostrata.
Agli occhi del ragazzo contro cui l’aveva puntata. Al piacere provato nell’estrarla. Quanto sarebbe stato facile premere il grilletto, la prossima volta?
“Sarò forte anche per te”, sussurrò, poi la gettò lontano. Restò a guardarla inabissarsi, sentendosi nudo come non capitava da tempo.
Dopo qualche minuto si asciugò le lacrime con l’avambraccio. Tornando verso casa non si volse nemmeno una volta. Videro la pistola scintillare all’apice della sua traiettoria, ma solo due occhi la guardarono scomparire. Lui si era già voltato.
“Sarai contenta ora”, disse il padre.
La madre rimase in silenzio, lo sguardo fisso sull’altra riva. Sentì sputare per terra, poi il marito si avvicinò. Ne percepiva l’alito.
“Non sarà mai un uomo”, le disse all’orecchio con voce impastata, “Rimarrà un debole. Come te”.
Lei si paralizzò. Chiuse solo gli occhi, un riflesso incondizionato. Quando li riaprì, entrambi gli uomini della sua vita si erano allontanati.
“Basta che non sia come te”, mormorò. Si sentì orgogliosa del figlio, della sua innocenza.
Pregò, con tutta la sua anima, che fosse più forte delle loro meschinità.
di Stefano Ficagna
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.