Voi musicisti o semplici amanti della musica, dico a voi, provate a dare un’occhiata a Kim Gordon, 66 anni e un’attitudine invidiabile, e poi provate a inserire nel lettore “No Home Record”, il suo primo album solista dopo una carriera a dir poco stellare della durata di 30 anni con i Sonic Youth e l’esperimento del duo Body/Head in compagnia di Bill Nace. Rimarrete stregati dalla grinta profusa da questa donna, questa dea del rock, e la amerete, la pregherete.
Se il post rottura è stato vissuto dagli ex compagni sonici come la giusta occasione per esplorare strade più tradizionalmente rock, chi in coppia (Thurston Moore e Steve Shelley) e chi da solo (Lee Ranaldo), la regina del noise ha invece deciso di spingere ancora più in là la sua ricerca del rumore perfetto. Questo album vive di continui flash forward verso un futuro in cui l’elettronica non può più essere solo accompagnamento e flashback nei quali Kim rilegge la sua personale storia artistico musicale.
Se Air BnB, Murderer Out e Hungry Baby sono brani in grado di far raggiungere l’orgasmo a ogni orfano della gioventù sonica, mix perfetto fra noise e melodia pop sulla classica base rock formata da chitarra (ultra distorta), basso e batteria, e la ballad spettrale Earthquake paga tributo ai mai troppo lodati Velvet Underground, i restanti cinque brani sono invece un tuffo in territori finora mai esplorati.
L’iniziale Sketch Artist dimostra che non solo i Radiohead possono permettersi di masticare con grazia il catalogo WARP in ambito rock, Paprika Pony è un quattro quarti rap sul quale la Gordon tesse una perfetta nenia, Don’t Play It Back è punk infernale costruito attraverso il solo utilizzo di un’ossessiva base electro, Cookie Butter un manifesto digitale declamato alla Iggy Pop con finale di puro rumore bianco. La conclusiva Get Yr Life Back un’apoteosi noise industrial. Kim Gordon è viva, più che mai.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman