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Joan Baez – Anfiteatro del Vittoriale: live report

Un tuffo nel passato
Si potrebbe definire così questa serata al Vittoriale in compagnia di Joan Baez, l’usignolo di Woodstock. Fresca 75enne ancora in giro per il mondo strimpellando la sua chitarra e pezzi del suo bagaglio culturale ampissimo.

Non è un caso che, avendo viaggiato tanto in vita sua, abbia conosciuto vari artisti e situazioni, portandola ad assorbire lingue e canzoni di altri paesi. Fu lei, da attivista quale era, a far conoscere “C’era un ragazzo” di Gianni Morandi al mondo. E non è un caso che con questo pezzo un po’ si chiuda il concerto e, sempre con Gianni e la sua “Un mondo d’Amore” si apra. Sarà la nostra guida all’ingresso del fantastico anfiteatro sul lago, dato che un incidente ha causato ritardi un po’ a tutti. Ma poco male, alla fine siamo tutti lì ad ascoltare i suoi pezzi, o presi in prestito, e i suoi racconti di come e dove nascono.

E così si ripercorre un po’ la sua storia attraverso pezzi folk come “Silver Dager” o “House of the RIsing Sun”, oppure ancora dal repertorio del “suo” Bob Dylan “It’s all over now Baby Blue”.
La sensazione è che quasi non sia un concerto per noi però…che sia un concerto per chi quel passato lo ha vissuto. Un concerto per nostalgici. Anche se con “Deportees” , pezzo nato per i deportati messicani, ma con respiro a una situazione europea attuale, sembra di essere in salotto ad ascoltare i bei tempi andati. Non che sia male tutto ciò, ma la sensazione di chi è nato un po’ dopo c’è e si sente.
Per il resto tutto fila liscio, il clima è piacevole, il luogo fantastico e lei sul palco si diverte assieme a tutto il suo pubblico che dimostra di apprezzare la sua leggerezza. L’usignolo di Woodstock concluderà il suo set con Here’s to You…pezzo composto con Morricone. Altro pezzo di Italia in una serata tutta o quasi italoamericana. Una serata leggera qui al Vittoriale…qualche ora dopo scopriremo che a Nizza così non è stato, risvegliandoci così nel nostro futuro che poi non è così distante dal passato di Joan e del suo attivismo. Alla fine il senso del concerto lo si capisce lì…stare tutti uniti e tutti assieme, in pace…ci basta qualche canzone in fondo.

Teodoro Roma

e adesso chiudete gli occhi e torniamo al 1965, ok?