Gli States e l’estremo oriente, il rock e il pop, la luce e il buio. Gli estremi si ritrovano strettamente interconnessi nell’opera di Michelle Chongmi Zauner, in arte Japanese Breakfast. Al terzo album in un lustro, la trentaduenne di origine coreana ma oggi residente a Philadelphia, in Pennsylvania, può essere facilmente avvicinata a una musicista come Phoebe Bridgers per l’ecletticità e il coraggio, ma anche per il gusto melodico, che la spinge a mixare nello stesso lavoro l’alternative chitarristico di un ventennio fa a un utilizzo zuccheroso ma mai eccessivo del pop tutto, dagli eighties al giorno d’oggi.
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Difficile rimanere indifferenti alla partenza affidata alla bellissima Paprika, una di quelle canzoni che acchiappano subito l’ascoltatore grazie alla loro forza espressiva e al perfetto arrangiamento, ma anche alla successiva Be Sweet, incredibile incrocio fra i Cure più orecchiabili degli anni Ottanta e la Madonna periodo Material Girl. Si cambia completamente mood con Kokomo, IN, carezzevole ballata fra acustica e archi che ricorda un po’ certi giocosi bozzetti di Adam Green, mentre con Slide Tackle ad essere esplorato è al contrario un sound decisamente più elettronico e freddo.
Con Posing in Bondage e Sit si sviluppa la parte più dark e onirica della scaletta, la prima più dream-pop la seconda con tanto di chitarroni shoegaze. Savage Good Boy è un’altra appiccicosa ed energica canzoncina indie, In Hell è più tranquilla, Tactics esalta grazie al perfetto arrangiamento d’archi. La conclusione è affidata a Posing for Cars, semi ballad che cresce lentamente per poi esplodere nel finale, un po’ come l’anno scorso era stato per I Know the End in “Punisher” della già citata Phoebe Bridgers, ma senza feedback. Un lavoro eterogeneo e pieno di spunti che si fa ascoltare senza alcun problema. Brava.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman