È inutile negarlo. Dite la verità: quante milioni di volte avete finto di suonare la batteria ascoltando una canzone di quelle giuste? Già, mi sembra quasi di vedervi. Eccovi lì, seduti in macchina al semaforo di viale Marche. Era il 2001 o giù di lì. Quando dall’autoradio partiva Toxicity, vi dimenavate come dei deficienti scambiando il volante per un tom. Oppure in cameretta, all’epoca eravate ancora pischelli, intenti a tagliare l’aria con le vostre bacchette immaginarie sulle note di Sabotage. Beh, non c’è nulla di che vergognarsi, l’hanno fatto tutti. Perché la batteria ti esalta, non c’è niente da fare. Ti scatena una tale voglia di ritmo, violento o delicato che sia, che ti senti parte integrante della band. Steven Adler spostati, l’inizio di Paradise City lo suono io.
Per questo ho deciso di raccogliere tutti gli “attacchi” di batteria che più mi gasano. Non è una classifica, non c’è un primo e un ultimo, l’ordine è rigorosamente cronologico. Non è soltanto una questione di qualità, ma di carica emotiva. Certo, in questi “attacchi” sonori non mancano batteristi sublimi, ma a metterli in ordine di gradimento ci penserete poi voi. Potete anche aggiungerne di nuovi, darmi qualche suggerimento. Ma non prendetela sul personale se manca il vostro preferito. Insomma, queste sono le 20 intro di batteria che ancora oggi mi fanno scuotere le budella. A ognuno il suo “fill” del cuore, nella speranza che questi siano il più possibile contagiosi. Ci vediamo in coda al semaforo.
Paolo
The Clash – Tommy Gun (1978)
Non ce ne vogliano Ringo Starr, Charlie Watts, Keith Moon, John Bonham, Ian Peice e tutti gli altri mostri sacri. Ma partiamo da qui, dalla fine degli Anni ’70. I Clash sono una tappa obbligata. L’introduzione di Tommy Gun è una doppia mitragliata semplice ed essenziale. L’attacco combat-punk perfetto.
Ramones – Do You Remember Rock’n’Roll Radio (1979)
Un inno, una chiamata alle armi. Do You Remember Rock’n’Roll Radio è la prima traccia di “End of the Century”, il secondo disco in studio registrato con Marky Ramone alla batteria.
Motorhead – Overkill (1979)
Non vorrei esagerare, mai i primi 25 secondi di Overkill sono una delle cose che mi gasano di più nella vita. Di quelli che ricominci a prendere fiato solo alla fine della canzone.
The Smiths – The Queen is Dead (1986)
Spostiamoci su altri territori musicali, ma restiamo in Inghilterra, più precisamente a Manchester, dove Mike Joyce confeziona alla perfezione l’apertura di un disco capolavoro.
R.E.M. – It’s the End of the World as We Know it (1987)
L’anno successivo i R.E.M. di “Document” registrano una delle loro hit più celebri, con un attacco che ancora oggi ti fa balzare in pista in tre, due, uno… Ecco It’s the End of the World as We Know it (and I Feel Fine) in una bellissima versione live del 2003.
The Stone Roses – I am the Resurrection (1989)
Reni è stato sicuramente uno dei migliori batteristi della sua generazione. Ok, in Waterfall ha raggiunto forse il suo apice, ma quando senti il richiamo iniziale di I am the Ressurrection, non so, ti viene proprio voglia di alzarti dalla poltrona e scendere in strada a far valere il tuo disagio interiore.
The Smashing Pumpkins – Silverfuck (1991)
“Gish” e “Siamese Dream”, i primi due album del gruppo guidato da Billy Corgan, sono i più grezzi, vivi e violenti della band. Qualche anno dopo gli Smashing Pumpkins toccheranno vette creative altissime, ma in Silverfuck Jimmy Chamberlin aveva già dimostrato di essere uno dei migliori batteristi rock del decennio appena iniziato. Uoh!
Helmet – In the Meantime (1992)
John Stanier è una macchina da guerra. Sentitelo in questo incredibile live al caro vecchio “Sonoria Festival” al Parco Acquatica di Milano. Era il 1994, bei tempi ragazzi.
The Presidents of the United States of America – Lump (1995)
E vabbè, che gli puoi dire ai Presidents of the U.S.A.? L’unica band di Seattle che ancora oggi suona con il sorriso stampato in faccia. Minimal nella strumentazione, ma potentissima nella resa. L’attacco di Lump ti risolve spesso le serate devastate dalla noia.
The Flaming Lips – Race for the Prize (1999)
Nel caso di Race for the Prize, la questione non è tanto l’apertura. Non sono i fill, ma il fantastico groove costruito su un suono compressato e distorto, quasi irripetibile, che ti entra dentro dall’inizio alla fine. Bellissimo.
Wilco – I am Trying to Break Your Heart (2002)
Con l’ingresso di Glenn Kotche alla batteria, la band di Jeff Tweedy ha certamente fatto un passo in avanti, rasentando la perfezione. Nel brano di apertura di “Yankee Hotel Foxtrot”, il nostro mette subito in luce una classe e una raffinatezza uniche.
Queens of the Stone Age – A Song for the Dead (2002)
Un pezzo per cui si rischia facilmente la contrattura al collo, quando va bene, complice la violenza di Dave Grohl alla batteria. Livelli altissimi, che forse i QOTSA non hanno mai più raggiunto. Qui in una versione live con Mark Lanegan (voce ufficiale anche su disco).
Arctic Monkeys – The View from the Afternoon (2006)
Molti brani di questo elenco sono anche le tracce d’apertura dei rispettivi dischi. Non credo sia un caso: non serve uno stratega per sapere che prima si lancia la granata e poi si irrompe con tutta l’armeria. Non fa eccezione The View from the Afternoon degli Arctic Monkeys. Qui però l’effetto è al quadrato: è la prima canzone del primo disco.
Battles – Race: in (2007)
I Battles sono stati un fulmine a ciel sereno. Professori di math-rock, mistici e granitici al tempo stesso, il loro sound si regge su una sezione ritmica poderosa guidata, guarda caso, da John Stanier degli Helmet.
Radiohead – Reckoner (2007)
Philip Selway è forse il batterista più preciso di tutto l’alt-rock, oltre che un musicista dal gusto sopraffino. Dalle sue bacchette escono groove ipnotici come quello di Reckoner, che fin dall’attacco ti porta in una dimensione parallela in cui è altamente consigliato ondeggiare in superficie.
The National – Squalor Victoria (2007)
Bryan Devendorf ha dato il massimo in “The Boxer”, quarto album della band americana. La prima volta che si ascolta l’attacco di batteria di Fake Empire, il brano che apre il disco e che ha fatto la fortuna del gruppo, vengono quasi i brividi. In Squalor Victoria, poi, Davendorf si prende il ruolo di protagonista.
The Dodos – Fools (2008)
É la loro canzone più nota e si regge interamente sul ritmo imposto da Logan Kroeber, che prima di formare i Dodos con Meric Long alla chitarra e alla voce, suonava come batterista progressive metal.
Phoenix – Lisztomania (2009)
Thomas Hedlund è tra i migliori batteristi indie-rock da una ventina d’anni a questa parte. Dal vivo è uno spettacolo vederlo suonare. Quando parte Lisztomania poi…
Vampire Weekend – Cousins (2009)
Il più eclettico, o forse soltanto il più pazzo. Sta di fatto che Chris Tomson da solo è capace di farti saltare dalla sedia anche in un giorno di noia e farti ballare come uno sciamannato.
Cloud Nothings – Wasted Days (2012)
Jayson Gerycz lavora d’istinto e di potenza, un’autentica goduria in versione live.

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.