Sei mesi, sei lunghi, lunghissimi mesi senza live music. A Londra. É questo il tempo trascorso boccheggiando in questa città senza poter ascoltare musica dal vivo. Credo che sia stata più una discesa in uno specifico girone dell’inferno, piuttosto che un lockdown, in effetti.

Ecco perché, appena rientrata nella capitale inglese dopo una pausa estiva in Italia, in questo anno balordo, mi sono precipitata in uno dei miei posti preferiti al mondo: il The Victoria a Dalston, nell’east London. Il The Victoria, ogni domenica di agosto e settembre, aveva aperto il suo beer garden alle band emergenti. In giardino, certo. Senza palco, of course. Spesso soltanto in acoustic session, sì. Alle due del pomeriggio, vabè. Tutti seduti, e ok. Ma chissenefrega?! Erano tornate le gigs! Le band emergenti stavano di nuovo suonando e dietro a tutto questo c’erano quei gran fighi di Egyptian Elbows, che non ne sbagliano una e organizzano sempre concertini stupendi. Ora, manco a dirlo, è di nuovo tutto chiuso. Ma non è di questo che voglio parlare oggi.

Oggi voglio farvi scoprire gli Howlers: una delle band emergenti più underrated di tutto l’east London. Poco conosciuti, per ora! Io ve lo dico: voi, le mie proposte le dovete prendere come oracoli. Sbrigatevi ad ascoltarli prima che diventino famosi! Perché lo so che siete un bel po’ hipster e scoprire le chicche prima degli altri vi fa godere da matti. Figuriamoci se si tratta di band emergenti oltre Manica. Vi potrete vantare con l’amico hipster che no, non li conosce, e voi sì.

Ma torniamo a quella domenica. Era il 13 settembre, la data della mia rinascita, il giorno in cui la mia anima impaziente e irriverente tornò a cibarsi di live music, o almeno credevo. Shit! A Londra c’era il sole, faceva caldo, chiamai un amico e mi precipitai con lui a Dalston. La birra e i sorrisi scorrevano a fiumi nel beer garden del The Victoria. C’era di nuovo nell’aria quell’odore: la voglia di musica mista al suono elettrizzante del jack inserito nell’ampli. Gli Howlers erano lì, nelle loro giacche di pelle e pantaloni neri. Vi dico solo che appena hanno iniziato a suonare sono sgattaiolata in prima fila, nonostante il social distancing, e mi sono fatta un piantino.

 

 

Guus, Cam, Adam. Chitarra solista, chitarra e voce e batteria. Gli Howlers sono tre, vivono a Londra e hanno un sound che potrebbe sfondare qualsiasi muro. Molti suoni ricordano un’atmosfera pungente e sabbiosa, il vibe è desertico. Ne La Dolce Vita sembra quasi di fare una corsa nel far west cavalcando a suon di riff. County Lines e My Apologies sono invece dolci ballate che ci scaldano il cuore, ricordandoci un po’ la voce di Jake Bugg. Gli Howlers prendono il loro nome dall’Howl At The Moon, un pub nel quartiere di Hoxton. Adam e Guus vivevano a trenta secondi a piedi da lì. Ah, è lo stesso pub in cui gli Arctic Monkeys hanno girato il video di Why’d You Only Call Me When Your High?.

Gli Howlers sono già usciti con tre singoli, per un totale di 7 tracce. Sono pronti a partire per il tour across the Uk la prossima primavera. Suoneranno anche a Londra, e noi abbiamo già i biglietti, ovviamente. Clash magazine li ha definiti “una miscela potente, un elisir inebriante di indie rock libidinoso”.

Io non vedo l’ora di rivederli live, per ora mi spacco di Spotify. Come sempre, se avessi l’ultimo gettone per il juke-box e dovessi scegliere soltanto una loro canzone, vi direi: Matador.

Giulia Colonnella