Oggi come oggi, Adam Green è un artista originale e maturo. Lasciate alle spalle da quasi un ventennio le origini anti-folk esplorate con i Moldy Peaches, Adam si è piano piano stabilizzato su una forma canzone debitrice sì del folk, ma di quello più classico, come anche degli elegantissimi e fumosi crooner degli anni Sessanta.

Le nove tracce di questo undicesimo lavoro da solista hanno innanzitutto un’origine poliartistica. Sono infatti un’ideale colonna sonora della graphic novel “War & Paradise” disegnata dallo stesso Green (così come l’ultimo lavoro “Aladdin” del 2016 era la soundtrack del secondo lungometraggio del nostro): «Un’epica di guerra satirica sulla lotta fra uomini e macchine, un incontro fra spiritualità e individualità e un legame bidirezionale fra vita e aldilà», utilizzando le parole dello stesso newyorkese.

Inoltre godono dell’apporto di tre musicisti di fama come Florence Welch, Jonathan Rado dei Foxygen e Delicate Steve. Figlie del Neil Young più tranquillo e orchestrale (adorabili gli arrangiamenti d’archi), così come del song writing a stelle e strisce tipico di un Randy Newman, le canzoni di “Engine of Paradise” cullano l’ascoltatore per circa mezz’ora senza farlo mai sobbalzare.

In questo album mancano scatti e velocità (escludendo forse la ballabile Let’s Get Moving) a favore di una forma di ballad melodica e teatrale, classica. Pronto ad assurgere allo status d’inno durante i live il singolo Freeze My Love, emozionante la cavalcata finale di Reasonable Man, più che buono tutto il resto. L’ennesimo piccolo (stavolta forse un poco più del solito) gioiello.

Andrea Manenti