Metal e new romantic con gusto pop che evita l’effetto pacchiano finale, ecco come si presenta Paradise. I White Lung si fanno veloci, indiavolati e su di giri, a cui si aggiunge una voce femminile dai toni epici e una chitarra supersonica che alterna giri Ramones style con riff hard rock liofilizzati.
Molte tracce ti fanno venire in mente una stanza sigillata del Cern dove degli elettroni rimbalzano sulle pareti. La foga è allora tale da non farti notare il passaggio da un pezzo e l’altro, anche perché detta tutta gli 11 brani qui presenti si assomigliano assai.
Solo con la settima corsa, Hungy, la cadenza rallenta un po’ e si fa più struggente, mentre nella penultima canzone, Vegas, il chitarrista abbassa le ottave della sua 6 corde con un effetto finale di maggiore pesantezza. Ma non facciamoci illusioni, Paradise è un disco chiaro negli intenti: musica tanto giovane per gli ottani e kalorie che brucia, quanto vecchia per il modo in cui lo fa. Ma in fondo la giovinezza come fatto fisiologico non nasce certo oggi o ieri.
6/10
Alessandro Scotti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.