Beholders è l’ultimo lavoro degli Stoop, veterana band emiliana, sparita dai palcoscenici per diversi anni e riapparsa con un nuovo EP (Bugbite Records/Prismopaco Digital). Dopo aver vinto diversi premi nazionali decisamente prestigiosi (Heineken Jammin’ Festival e U-Music) una decina di anni fa iniziano un’attività piuttosto prolifica che li porta a scrivere tre album in 6 anni. Da qui uno stop più lungo, per poi riprendere quest’anno con Beholders.
Loro stessi descrivono quest’EP di quattro tracce, una descrizione del mondo in continuo mutamento, un mondo odierno incasinato e alla continua ricerca di nuove sembianze, caratterizzata dall’uso poco consono che l’uomo fa di esso. E così è il loro sound, raggruppa differenti stili ed in continua mutazione: c’è acustico, indie, post rock, elettronica, alternative rock e la voce in pieno stile lo-fi.
4 tracce per ogni anno passato dall’ultimo album, hanno permesso la ricerca di un suono molto contaminato, dove le canzoni scivolano via veloci ed i testi in inglese, si sposano perfettamente con l’atmosfera creata, dove troviamo in Beholders la canzone più rappresentativa e che prepara l’ascoltatore alle seguenti tracce.
Federico Trevisani
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.