Questa volta l’esordiente si chiama Moci, e l’album si chiama “Morbido”. E infatti in copertina troviamo lui in mutande con cuscini scocciati addosso che corre in strada con un carrello del supermercato pieno di cuscini. Coerente. Già così mi sta simpatico.

E dato che, all’impronta, la morbidezza sembra il focus del progetto, la prima traccia parla di un incidente (sentimentale?) dove ci si sfracella entrambi sull’asfalto. #Evabè.

Ad ogni modo l’album è un bel pop. Gradevole. Non quelle robe strane che a volte ti chiedi “ma questo che cazzo si è fumato prima di comporre la melodia?”, pensiero che mi sale spesso quando ascolto qualche nuovo album. E invece qui non succede. Perché? Perché è un album pop fatto bene. È semplice da dire.

Sembra un disco dei Blur di fine anni ’90. Melodie coerenti. Cantabili. Orecchiabili. Senza roba cacofonica che ormai va tanto di moda. E poi testi leggeri, oh. Non depressi. Non impegnati. Senza quella voglia di essere attuali a tutti i costi citando sempre Instagram, like, influencer e altre rotture di balle che hanno confuso la realtà con la finzione. Insomma, Pop cazzo! E fatto bene. Cosa rara, rarissima da diversi anni a questa parte.

Un disco non solo leggero nel senso più armonioso del termine, ma anche divertente, con bei ritmi. Se Moci fosse già molto conosciuto e i suoi pezzi andassero in rotazione nelle grandi radio, credo che sarebbero molti i singoli estratti da questo disco. Uno su tutti? Senza ombra di dubbio Primo Piano, che potrebbe tranquillamente stare in una Compilation Festivalbar Rossa del ’99.

Prima che mi proponessero di fare questa recensione non sapevo minimamente chi fosse Moci. Ora perlomeno so che c’è ancora speranza per i nati dopo il ’95. Bravo Moci, bravo.

Marco Improta