Sono passati vent’anni da quando Jarvis Cocker fece irruzione sul palco dei Brit Awards per stroncare e deridere una delle più discusse esibizioni di Michael Jackson. Certo, erano altri tempi, altre battaglie. Provocazioni in saldo e rivoluzioni allo specchio. Ma quella protesta così banale, e condivisibile solo in parte, rappresentò senza dubbio la chiave di volta di una carriera che stentava ancora a decollare.
Da quel momento, infatti, Cocker e i suoi Pulp ebbero la strada spianata. “Different class” si guadagnò il successo che meritava. E così pure i due dischi successivi. Poi per l’antieroe britpop si aprì un periodo di riflessione e di crescita. Fino agli anni zero, in cui tra collaborazioni, pseudonimi e due buoni album da solista si è ritagliato il ruolo che meglio si adatta al suo stile. Quello di artista a tutto campo, imprevedibile e discontinuo. A suo agio su un palco, ma anche come autore, conduttore radiofonico e arguto osservatore nei salotti televisivi.
Questo piccolo ma prezioso lavoro su breve durata, “Likely Stories”, il primo a suo nome dopo sette anni di silenzio, ne è l’ennesima dimostrazione. Non un disco qualsiasi, ma la colonna sonora di una mini serie televisiva che ha esordito proprio in questi giorni in Gran Bretagna per Sky Arts. Si tratta, in sostanza, di quattro episodi ispirati ai racconti di Neil Gaiman, diretti da Iain Forsyth e Jane Pollard, i registi del documentario su Nick Cave (“20.000 Days on Earth”, 2014). Alle quattro puntate, Jarvis Cocker associa altrettanti tracce, tutte riconducibili al tema portante composto con Adrian Utley dei Portishead. Gioca a fare il crooner, il cantastorie da bar, l’intrattenitore da sala d’attesa. Con il suo incedere lento e sincopato, da marcetta funebre, “Theme from Likely Stories” si adatta perfettamente ai contenuti della serie: un mondo oscuro e perverso, a caccia di un’identità reale. Tra psicosi, malattie veneree e suggestioni horror. Così Cocker si avventura in lunghi elenchi di parole, a volte solo sussurrate, avvicinandosi molto all’ultimo Mark Kozelek. Un’opera che in molti trascureranno, facilmente relegabile alla produzione minore del musicista inglese, ma importante per il suo percorso. Fatte le dovute proporzioni, il frontman dei Pulp si candida a raccogliere la quota di maggioranza dell’eredità artistica bowiana. Non tanto nella sua versione più glam, già interpretata a dovere con la band, quanto nell’aspirazione ad andare oltre. In questo senso, “Likely stories” può essere a ragione considerato il “Buddah of Suburbia” di Cocker.
Paolo Ferrari
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.