Ne sono quasi certo. Se fosse uscito nel periodo d’oro del punk-rock italiano, diciamo nella seconda metà degli anni ’90, “Mayday” dei Crancy Crock sarebbe stato un best seller. In quell’epoca ormai lontana e un po’ carbonara, le province italiane pullulavano di piccole band che facevano dell’autoproduzione e l’autopromozione la loro ragione d’essere. Il successo che molti gruppi riuscivano a ottenere, anche quelli alle prime armi, era strabiliante. Merito di uno spirito non comune, e forse irripetibile, che univa la genuinità al sacrificio, la rabbia alla militanza, in una miriade di micro-scene pronte a fare fronte comune. A mancare, in un panorama simile, era la qualità, soprattutto nella produzione. Tanto che nel marasma di dischi perlopiù artigianali, tra demo e cassettine registrate in casa, una produzione di buon livello era da considerarsi un traguardo.

Ebbene, oggi i Crancy Crock suonano esattamente come i migliori prodotti di quegli anni. I reduci di quella stagione, dunque, non potranno non apprezzare “Mayday”. Un incrocio tra i vecchi Punkreas (quelli di “Paranoia e Potere” ed “Elettrodomestico”), i Gerson meno stradaioli e i più moderni Madbeat. Il segreto della band bergamasca, guarda caso, sta proprio nel tempo, nell’esperienza. Con questo disco, infatti, i quattro lombardi festeggiano i 25 anni dalla fondazione. Ma quello spirito lì, quello della gavetta, scorre ancora nelle loro vene e soprattutto nelle sette nuove tracce uscite per Gasterecords con il supporto di Scatti Vorticosi, All You Need Is Punk e Samoan Records, l’etichetta fondata dagli stessi Crancy Crock.

Il gruppo dà il meglio di sé nei pezzi più tirati. Nell’hardcore melodico di Lacrime di Cemento e La Guerra delle Lancette, nelle progressioni di Vero e nella scheggia finale Giorni Storti (con Russu dei Totale Apatia). In casi come questi, più si resta aderenti alla tradizione, migliore sarà il risultato. Ed è esattamente quello che fanno con grande maestria i Crancy Crock per buona parte del disco. Nei passaggi più leggeri o tendenti al crossover risultano invece meno efficaci. Ce ne fossero, comunque, di band punk italiane così solide e capaci di confezionare un lavoro così ben curato. Una menzione particolare, infine, va all’artwork firmato dall’artista fiorentino, Skim.

Paolo