Milano, 18 luglio 2018
“Essere felici come Anderson .Paak e la sua band”. L’artista californiano e il suo fantastico gruppo The Free Nationals, composto da un dj preciso come un metronomo, un tastierista enorme e simpaticissimo, un chitarrista latino e muscolare e un bassista virtuoso e sorridente, non nascondono l’emozione di avercela fatta al primo tentativo nella città meneghina. Sotto il palco, la folla giunta da tutta Italia per vedere la nuova stella della musica black americana è infatti tantissima, gioiosa e partecipe. Ma andiamo con ordine…
La serata comincia puntualissima alle 21.00 quando on stage si materializza Frank Sativa per un dj set di circa un quarto d’ora. Frank Sativa è il dj di Willie Peyote, che a un certo punto compare sul palco per regalare un po’ di rime e cominciare ad alzare veramente il livello di partecipazione della gente. Questa la sua scaletta: C’hai ragione tu / Ottima scusa / Le chiavi in borsa / I cani / Io non sono razzista ma… / L’effetto sbagliato
Poco meno di mezz’ora di cambio palco ed ecco apparire la star californiana. È subito un turbinio di emozioni. Il trentaduenne Anderson .Paak è una mina impazzita: corre, balla, sorride, esulta, rappa, suona (benissimo) la batteria, regala un’ora e mezza di miscela esplosiva fra soul, funk, disco, rap e rock.
L’inizio è al fulmicotone; nei primi quattro brani, fra i quali l’acclamatissimo ultimo singolo Bubblin’, Anderson dimostra la qualità altissima del suo rappin’. Col quinto pezzo in scaletta invece, The Season / Carry Me, il ragazzo si posiziona dietro la batteria, strumento che lascerà veramente poco durante l’intero set, e riesce a organizzare un vero e prorio circle pit degno del miglior hardcore East Coast, apprezzato quanto inaspettato.
Il concerto continua concentrandosi su quel gioiellino che è “Malibu”, dato alle stampe ormai due anni fa, ma non disdegnando incursioni nel passato del primo album “Venice”, con le ballabilissime Miss Right e Luh You. Lo show sembrerebbe finito, ma il richiamo incessante del pubblico ormai completamente invaghito di .Paak spinge i Free Nationals a tornare per un’ultima canzone: The Dreamer.
Cinque minuti ancora di esaltante bravura e follia, e lo show termina davvero. È veramente difficile guardarsi intorno e capire se siano più smaglianti i sorrisi del pubblico o quelli dei musicisti sopra il palco. In ogni caso, un vero e proprio successo. A presto genietto della black music contemporanea!
Andrea Manenti
SCALETTA: Come Down / The Waters / Glowed Up (Kaytranada cover) / Bubblin’ / The Season – Carry Me / Put Me Thru / Heart Don’t Stand a Chance / Gidget / Room in Here / Miss Right / Suede (NX Worries cover) / The Bird / Am I Wrong / Lite Weight / Luh You // The Dreamer
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.