Siamo stati alla giornata conclusiva del Poplar Festival a Trento e abbiamo scoperto un bel gioiellino nel panorama dei concerti estivi in Italia. Il big nome della serata era King Krule, in una delle sue rare apparizioni italiane, ma la lineup ci ha regalato tante sorprese che non dimenticheremo.

King Krule
L’accoglienza di Poplar inizia fin da Piazza di Piedicastello, dove oltre agli stand delle associazioni, su un piccolo palco allestito per i talk, i Tamango (headliner della serata precedente) raccontano qualche retroscena della loro Rampallonata.
Tocca però fare una breve passeggiata in salita per arrivare alla zona nevralgica del festival e ritrovarsi nella splendida cornice del parco naturale Doss, dove gli artisti che animano la serata si dividono su tre palchi: l’Eden Stage – con vista su Trento – destinato perlopiù ai dj set, e ancora più in su, Volt Stage e Doss Stage, uno di fronte all’altro, come al Primavera qualche anno fa.
La fatica imposta dal dislivello è presto ripagata dalla bellezza del sito. Mentre i palchi si attivano con le prime esibizioni, il sole inizia a nascondersi dietro gli alberi del bosco, riservando la sua luce all’imponente struttura del Mausoleo di Cesare Battisti che spicca alle spalle del Doss Stage, come in un‘acropoli.
La location non è tutto, i ragazzi del Poplar ci sanno fare: il posizionamento dei palchi permette di avere sempre almeno un artista in scena e azzera l’attesa, garantendo un ping pong di musica fino al termine della serata. Inoltre, è cosa buona e giusta arrivare in cassa e non dover imprecare su braccialetti elettronici, token e quant’altro (modalità ormai consuete nei festival dello stivale) e soprattutto bersi una birra o uno spritz a prezzi accessibili.

Ugly
La serata si scalda in fretta con il rock UK degli Ugly, vera scoperta della giornata, freschi e articolati: le loro sonorità richiamano la nuova wave inglese post-Black Country New Road con qualche aggiunta noise. A seguire, sempre da Albione, il punk al femminile firmato The Pill, con tanto di pogo e circle pit.

The Pill
Prima del buon Archy altre due esibizioni graditissime: il funk psichedelico-anatolico degli Altın Gün, denso di vibrazioni orientali e danzerecce; e l’hard jazz operaio dei Tare, bassi prepotenti e smerigliatrice in backline (qui la nostra recensione del loro ottimo LP “GAS”).
Quando arriva il momento di King Krule la piazza è colma e carica di energia. L’artista di Southwark suona molti pezzi dall’ultimo “Space Heavy” (2023) e regala al pubblico i brani più attesi. Sempre ben saldo alla sua chitarra, Archy esplode quando deve, ma è spesso immerso nei suoi flow più intimisti. Tanto, a saltellare da una parte all’altra del palco c’è Ignacio Salvadores, sempre in movimento tra un assolo di sax e un ballo scatenato.

Ignacio Salvadores
Dal palco del Poplar, Marshall dice poche cose, tutte giuste, tutte nel modo giusto. “You know what I hate?”, chiede col suo accento marcato. La risposta è semplice, il fascismo che avvolge l’Europa. Verso la fine del live cita il genocidio palestinese, e in particolare ricorda di boicottare chi lo usa per fare profitto.
Dopo una ventina di pezzi, tra cui anche l’inedito Smokey, Archy saluta tutti con Out Getting Ribs e lascia il palco. Il concerto ciliegina sulla torta di un festival praticamente impeccabile. Fortemente consigliato, non perdetevi la prossima edizione.
Mattia Sofo
Ph: Mariapia Albanese


Mi racconto in una frase: “Il segreto è il whiskey” (dopo aver ottenuto il foglio rosa)
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica: Alcatraz (Milano), Serraglio (Milano), Circolo Ohibò (Milano)
Il primo disco che ho comprato: Doveva essere qualcosa di Ligabue.
Il primo disco che avrei voluto comprare: Pink Floyd – Atom Heart Mother
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: Mi piace andare al cinema da solo.

















