C’è qualcosa di irreale nel modo in cui la musica si fonde con il mare a Lido di Camaiore. Non è solo una questione di suono, è una vibrazione diffusa nell’aria, nei pini marittimi che fanno ombra tra un palco e la spiaggia, nei bicchieri mezzi pieni che tintinnano mentre i bassi rimbalzano sul selciato. È la quarta edizione de La Prima Estate, e sembra che quest’anno il festival abbia raggiunto un equilibrio perfetto: la calma del Mediterraneo con l’intensità sonora dei grandi live, la leggerezza delle vacanze con la profondità di performance che restano dentro.

Nel cuore di tutto questo, un evento destinato a diventare leggenda: il live dei Mogwai. Un’esibizione che ha travolto il pubblico con un’onda di suono travolgente, in un crescendo post-rock che ha fatto tremare l’intera costa. C’erano tante aspettative su questa edizione e tantissimi momenti memorabili: da St. Vincent ai Calibro 35, fino alla sospensione eterea degli Air. Ma quando i Mogwai sono saliti sul palco, tutto il resto è sembrato smettere di esistere.

Ecco il racconto di un festival che ha saputo far convivere l’estasi e l’abbronzatura, le sdraio e i synth, le luci del tramonto con quelle dei riflettori. Ma soprattutto, ecco come i Mogwai, senza muovere un muscolo, sono riusciti a muovere tutto il resto.

Spiritualized: l’introduzione perfetta

Gli Spiritualized – freschi di Primavera Sound – chiudono il loro set con una performance che unisce atmosfera e introspezione. Jason Pierce appare come un fantasma e scaglia i suoi fulmini shoegaze per mezz’ora abbondante. Solo la triade che apre il set vale il prezzo del biglietto. Parliamo di Hey Jane, She Kissed Me e Shine A Light con tanto di cori gospel che ti si attaccano all’anima. 
Poi il set prende una piega più introspettiva con pezzoni come Damaged e Let It Bleed per poi chiudere tra le onde tempestose delle distorsioni curative di Sail On Through.

 

Mogwai: il trionfo del muro di suono

Appare una bandiera della Palestina sul Fender Twin Reverb e un uomo con accento scozzese annuncia semplicemente: «Hi, we are Mogwai». È in quel momento che la platea de La Prima Estate si rende conto che il nome giusto è Mogw‑a‑i [ˈmɒɡwaɪ], non Mogw‑e‑i: epifania fonetica collettiva. Poi, senza avvertimenti, gli amplificatori esplodono.

Tommaso Colliva, tra i tecnici del festival, lo nota subito: “La Prima Estate è uno di quei festival in cui i Mogwai si possono sentire ai volumi dei Mogwai”. Non un’esagerazione: cinque musicisti immobili, ombrelloni inchiodati alla terra, e Alex Mackay che, mosso da una raffica immaginaria di maestrale, fa uno o due passi avanti poi torna indietro con due sassi a fare da chiodo. Il loro essere statici contrasta con l’onda sonora che scuote le viscere di tutti i presenti. Un suono capace di ridisegnare la morfologia acustica del litorale tirrenico.

La scaletta pesca dal nuovo album “The Bad Fire” e dai classici. Da Take Me Somewhere Nice a Ritchie Sacramento, da How To Be a Werewolf a We’re No Here. Ogni pezzo genera una reazione: potenti esplosioni sonore che, metaforicamente, fanno sì che il “primo stacco” di We’re No Here «schiuda l’uovo di una tartaruga marina sulla spiaggia di Lloret de Mar», ascoltatrice silenziosa di un miracolo musicale.

 

L’anima del festival

Al mattino successivo, Lido di Camaiore si risveglia in tipico stile italiano: gelati, biciclette, racchettoni, olio abbronzante e ricordi vacanzieri. Ma La Prima Estate non è solo musica intensa: è un’oasi estiva con degustazioni di vini, yoga, un «Music Lunch Lovers» al Bagno Santeria Belmare e roof‑top conversation sul Versilia Lido UNA Experience con Massimo Coppola e artisti come Enrico Gabrielli.

Il contest Next Stage, in collaborazione con Detune di Milano, ha portato sul palco sei talenti emergenti – Tare, Le Nora, Giacoprudente, Rip, Nicaragua e La Gente – ad aprire ogni sera e dare un sapore fresco e innovativo al festival. I vincitori hanno condiviso il tendone principale con nomi internazionali, preparando il terreno per le headline nights.

St. Vincent sbalordisce: si dimena, si sdraia, lancia il theremin, in un atto di seduzione sonora. È un gesto teatrale, pur se controverso; ciò che rimane è la riconoscenza silenziosa del pubblico.

 

I Calibro 35, con visual caleidoscopici e arrangiamenti jazz‑funk, portano un groove poliedrico che trascina in una trance collettiva di sabbia ballerina.

 

E infine gli Air: in abiti immacolati erigono un parallelepipedo bianco sul palco, il loro rifugio sonoro. Si immergono in soundscape eterei con La femme d’argent, Alone in Kyoto e Electronic Performers. La loro performance, calma ma profondamente emozionale, scivola via tra pioggia ignota e silenzio contemplativo. Il pubblico, in estasi, assapora quel momento dronico-sognante, perso in una dimensione parallela.

 

L’ultimo giorno risorge il soul-ruock

L’ultima giornata di festival conta sicuramente meno presenze a causa del forfait dei Kings of Leon, rimpiazzati con i rivedibili Ramona Flowers. Una serata che però regala emozioni a profusione con gli ottimi live di Nic Cester e Tv on The Radio

Il primo propone un soul rock di matrice 70’s infilando nel set anche un paio di canzoni dei suoi Jet, evitando la hit delle hit e chiudendo il live con una stupenda versione rock’n’roll di Un’avventura, complice un Adriano Viterbini alla chitarra davvero infuocato. 

A chiudere il festival, la storica band americana Tv on The Radio che ha portato sul palco un’ora abbondante di indie-rock squisito con una ricetta segreta che può uscire soltanto dai loro strumenti. Band in gran rispolvero con un live piacevolessimo fatto di pezzoni come Young Liar, Golden Age, Dreams e la monumentale Wolf Like Me

 

Epilogo: il festival continua, ma il cuore resta nei Mogwai

La Prima Estate proseguierà nel secondo weekend con Lucio Corsi, Grace Jones e Moodymann, ma il cuore del festival – per moltissimi – è già  rimasto ancorato alla notte dei Mogwai. L’esperienza trascende le ore: i Mogwai non hanno solo suonato un live, hanno consegnato una performance iconica. In un’umile serata di giugno, sulla battigia del Parco Bussola Domani, hanno costruito un monumento sonoro, pietra su pietra, suono su suono. Se il festival è un’esperienza collettiva, quella performance è stata una comunione emotiva in cui tutti, per un attimo, abbiamo respirato all’unisono. Ecco perché, senza dubbio alcuno, i Mogwai hanno offerto il live migliore della Prima Estate 2025.

Anche quest’anno il festival  ha confermato di essere una manifestazione dal respiro internazionale, capace di mescolare nomi di spessore storico e stimoli culturali innovativi, senza perdere il tratto dell’ospitalità italiana. Dal beach volley alle chiacchiere su un rooftop, dalle sperimentazioni sonore ai momenti di pura estasi collettiva, è stata una settimana sospesa tra vacanza e vibrazioni musicali. Un’esperienza che, come dice la tartaruga marina metafora, ha lasciato un’impronta indelebile nella sabbia e nella mente di chi c’era.