Sin dal 2003, cioè sin da quando ho avuto l’età per andare ai concerti, ogni volta che il carrozzone dei Marlene fosse passato in città o zone limitrofe non me lo sono mai fatto scappare. Nel corso degli anni Godano e compagni mi hanno emozionato con la loro tensione elettrica così come con la loro poesia, ma ammetto anche che ci sono state volte che m’hanno annoiato con le loro nenie. Stasera alla Latteria Molloy sono carico: l’ultimo disco è un chiaro ritorno alle origini noise del quartetto e sono molto curioso di gustarmelo dal vivo.
La serata inizia con un piccolo show di Lory Muratti, un artista scoperto da me in questo istante, che regala al pubblico che inizia ad affollare il locale due reading e due brani dal suo romanzo / album “Scintilla”: istrionico, forse fin troppo, ma interessante.
Tutti, me compreso, sono però qui per i Marlene. Un quarto d’ora di cambio palco e le luci si spengono.
Due ore di live, due ore intensissime in cui i nostri recuperano una ferocia che molto raramente avevo visto loro addosso: Cristiano urla più che cantare, tortura la chitarra più che suonare, suda più che respirare, Luca Brgia alla batteria lo segue a palla come anche il “nuovo” bassista Luca Saporiti (con la band dal 2007); in finta sordina Riccardo Tesio tesse le trame dei brani.
La struttura della scaletta amalgama alla perfezione i brani del nuovo album “Lunga attesa” con vecchie gemme da molto tempo fuori dalle setlist come “L’odio migliore” o “La lira di Narciso” e dà il la al suono possente e grezzo che stasera deve dominare l’aria rendendo così elettrico e pericoloso anche un perfetto singolo pop quale “La canzone che scrivo per te”. Semplicemente da applausi i bis con una delle più belle canzoni d’amore di sempre (“Nuotando nell’aria”) e la violenza lucida di “Ape regina”.
Verso l’una si torna a casa: stanchi, ma completamente appagati.
SCALETTA: La città dormitorio / Fecondità / L’odio migliore / Cara è la fine / Lunga attesa / Narrazione / A fior di pelle / Osja, amore mio / Sulla strada dei ricordi / La noia / La canzone che scrivo per te / Il genio (l’importanza di essere Oscar Wilde) / Niente di nuovo / Leda / Io e me / La lira di Narciso // Una canzone arresa / Paolo anima salva / Nuotando nell’aria // Ape regina
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.