Brandon Setta, aka White Lighters, è stato fino ad un paio di anni fa cantante, chitarrista e coautore dei Nothing, band indie/noise/shoegaze di Philadelphia. Attorno al 2018, per motivi personali (che rimarranno privati), ha deciso di allontanarsi dal gruppo (ma fortunatamente non dalla musica) e, nelle settimane scorse, senza rumore, preavviso, uffici stampa o hype di sorta, ha pubblicato sui consueti canali digitali un piccolo gioiello. A livello sonoro ha poco a che spartire col sound della sua vecchia band, “White Lighters” è prevalentemente un disco acustico, molto sentito, emozionante, e si muove nel solco della grande tradizione cantautorale indie folk americana. Come sono solito fare, dopo averlo sentito ed essermi innamorato delle canzoni (grazie Corrado!), ho provato a contattarlo per fare due chiacchiere. Ne è uscita un’intervista molto sincera e un video live acustico che Brandon Setta ha realizzato appositamente per noi. Potete godervelo in fondo all’intervista.
A cura di Carlo Pinchetti
Hai appena rilasciato un disco molto bello e piuttosto triste. Penso che pubblicare musica durante questo strano periodo di reclusione e pandemia possa essere davvero catartico per musicisti e ascoltatori. Sei d’accordo?
Ho registrato questo LP quasi due anni fa. Nel frattempo ho fatto uscire un EP a dicembre (“Going Away Party”, ndr.) e alcune cover e roba a caso durante le prime fasi della quarantena. Mi riempio di momentanee scintille di gioia quando vedo che le persone ascoltano le cose che creo. Però onestamente non c’è nessuna catarsi in vista per me, se invece posso mettere al mondo qualcosa che aiuti una o più persone ad affrontare la vita un po’ più facilmente, o far sapere a qualcuno che non è solo con le proprie emozioni, allora sono contento. Pensa che avevo quasi cancellato il disco, quindi qualsiasi impatto positivo è una grande cosa.
Ti esibisci come White Lighters da un po’ di tempo e hai in precedenza pubblicato alcuni EP. La scelta di scrivere e pubblicare il disco nasce da un accumulo di composizioni degli ultimi anni, oppure l’essere di nuovo “libero” ti ha consentito di espandere la tua creatività?
L’EP “Going Away Party” che ho pubblicato a dicembre è stato scritto nel mezzo di un’ondata di depressione implacabile, durante la quale ho cercato di insegnare a me stesso le basi del finger picking. Per quanto riguarda l’LP, alcune di quelle canzoni provengono da vecchi demo che ho scritto negli ultimi anni, altre invece sono state scritte appositamente per l’album. A proposito dell’idea di essere nuovamente “libero”, sinceramente non ho acquisito un nuovo senso di libertà, appunto, per il fatto di concentrarmi sul mio progetto solista, o lavorando da solo. Ho costanti dubbi e paure, e spesso vado via di testa. Mi capita spesso di valutare di abbandonare la musica per sempre. Tuttavia, il fatto di aver fatto uscire questo album dal mio Google Drive, e di averlo reso pubblico, mi ha tolto un po’ di peso dalle spalle. Ho ricevuto un’ottima risposta e molti messaggi incoraggianti e gentili dai fan. Questa esperienza dimostra che è meglio pubblicare le proprie creazioni autonomamente, piuttosto che aspettare che qualcuno decida se è materiale sufficientemente buono. Meglio dimenticare tutte le cose che si ritengono necessarie e semplicemente pubblicare la roba online. Tanto nessuno si ricorderà di te tra circa 70 anni, o anche meno, quindi non c’è motivo di dare troppo peso alle cose. Immagino si potrebbe usare quest’esperienza per definire il concetto di “libertà”.
Come è avvenuta la registrazione? Ami cavartela da solo, o ti affidi a dei produttori?
Avevo un sacco di brutti demo sull’iphone, più alcune nuove canzoni. Sono andato a Oakland in California, dove Nick Bassett aveva trasformato la sua camera da letto in un piccolo studio di registrazione. Mi veniva a prendere ogni mattina col suo furgone da lavoro e mi portava in giro nel suo percorso di consegna, mentre ero ancora ubriaco dalla sera prima. Mangiavamo burritos, ascoltavamo gli scherzi telefonici dei Jerky Boys tutto il giorno e poi ci mettevamo a lavorare in studio quando il suo turno era finito. Siamo andati avanti per una settimana o giù di lì e abbiamo finito il disco, come lo potete sentire ora. Non posso prendere questa roba troppo sul serio, perché potrebbe finire tutto in un batter d’occhio. Mi piacerebbe far carriera con la musica, ma devo sempre tenere a mente che ci sono buone possibilità che un giorno finisca a lavorare al porto. Ora devo solo circondarmi di persone che mi supportano, qualunque diavolo di cosa pensi che la mia vita sia in questo momento, ubriacarmi fino a morire o inventarmi qualcosa che mi renda felice per un po’, come cercare di fare musica in quest’ambiente illusorio. Sto cercando molto con fatica di mantenere la mia vita più lontano possibile da stress e drammi vari. Non funziona per niente, ma, per quanto attiene alla registrazione e produzione di musica, voglio solo godermela e sfuggire dalla schifosa realtà per un po’. Scrivo tutto da solo, con l’aggiunta di piccoli cambiamenti geniali e suggerimenti vari che Nick ha da offrire, è il numero uno.
La scelta di chiamare il tuo progetto solista White Lighters è per far riferimento alla nota leggenda metropolitana, oppure c’è un altro significato?
Prende il nome dalla tradizione del 27 club. All’inizio pensavo che fosse un bel nome, ora sono costretto a tenermelo.
C’è un filo conduttore che anima il disco, una particolare emozione o stato d’animo?
Non è una cosa a cui penso, di solito. Trascorro metà della mia vita convincendomi che non esista nulla per cui valga la pena svegliarmi al mattino, e l’altra metà a cercare di essere positivo e dimostrare a me stesso che la mia teoria è sbagliata. Mi capita, quando sono in giro a camminare, di avere qualcosa di orecchiabile in testa, allora di solito torno a casa e scrivo una canzone. Suppongo che i miei testi possano suggerire che io sia una persona infelice, che vive alla giornata, ma in realtà mi interessa il quadro generale. Spero tanto che ci sia una ragione per tutto questo.
Hai deciso se, a fine pandemia, andrai in tour? Nel caso sarai da solo o ti farai accompagnare da una band?
Dubito che cercherò mai attivamente di andare in tour, il che probabilmente mi obbligherà a trovarmi un lavoro. Mi hai beccato in un momento in cui non ho proprio idea di cosa mi riserverà il futuro. Mi capita di immaginarmi su un grande palco in un locale affollato, ma è solo un sogno ad occhi aperti.
Nel tuo disco sento alcuni riferimenti quasi “scontati”, quando si fanno canzoni molto emozionali con una chitarra acustica, come ovviamente Elliott Smith (più nel mood che nell’utilizzo dello strumento). Non so se sei d’accordo, si tratta ovviamente di una questione molto soggettiva. Ad ogni modo c’è qualche riferimento importante a cui guardi quando scrivi per te stesso, o qualche sonorità che ami reinterpretare e riproporre in maniera personale?
La gente mi paragona sempre a Elliott Smith. La cosa mi sta bene, ha avuto e ha ancora una grande influenza su di me. Del resto, pur cercando di non assomigliare mai a nessuno, mi rendo conto che in giro ci sono così tante persone che fanno musica, che è inevitabile saltino fuori confronti.
C’è qualcosa di bello che stai ascoltando in questo momento che vorresti consigliarci?
Cerca il nuovo album dei Fawning. Si tratta di un progetto che nasce da un’idea di Devin dei Whirr e Cheyenne dei Night School. Ho il loro nuovo disco da un po’ di tempo ed è incredibile. Ci sono due singoli su Spotify ora, insieme a un vecchio album che avrò ascoltato almeno un milione di volte. Nick ha lavorato sul disco, come sul mio, e, come sempre, ascolto tutte le band dei miei amici. Sono momenti difficili e spero che tutti quelli che dedicano la loro vita alla musica alla fine possano rialzarsi da questa situazione di merda.
Che canzone hai scelto per il video che ci hai mandato e perché?
Ho scelto una canzone di un EP inedito che ho registrato in estate. Ci ho appena fatto un video, incollando un mucchio di filmati fatti con l’iPhone, come al solito.
Eccovi Brandon Setta per Lo-Phone Sessions:
Mi racconto in una frase:
Campione d’istituto di ping pong in prima media, distrattamente laureato in Filosofia, papà, scrivo canzoni con la chitarra e le canto.
I miei tre locali preferiti per vedere musica:
Ink Club (Bergamo), Biko (Milano), Bloom (Mezzago)
Il primo disco che ho comprato:
Nirvana “Bleach”
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Nirvana “Bleach”
Una cosa di me che penso sia inutile ma ve lo racconto lo stesso:
A 14 anni sono stato selezionato per l’All Star Game del camp estivo di basket dell’Università di Syracuse, ma non ho potuto giocarlo perché avevo l’aereo di ritorno.