Una chiusura superlativa per la rassegna di concerti Rock’n’More con la performance di Kurt Vile e i suoi fedelissimi The Violators portando a Lugano il suo ultimo album (b’lieve i’m goin down, 2015), che insieme alle fatiche precedenti gli ha fatto guadagnare gli apprezzamenti praticamente unanimi della critica.
Acclamato dalla stampa a partire da “Waking on a pretty daze” (2013), dopo l’esperienza con i War on Drugs, sembrano non fermarsi per lui gli endorsement da parte di figure indiscutibili della scena alternativa USA di sempre. Dopo le parole di stima da parte di Kim Gordon, anche i Dinosaur Jr sembrano voler consacrare il trentacinquenne di Philadelphia allo status di enfant prodige; infatti uno dei video per il lancio di “Give a Glimpse of What Yer Not” (nuovo album dei Dinosauri in uscita il 5 Agosto) vede proprio la partecipazione di Kurt, che dal divano di casa annuncia l’uscita dell’album di J Mascis & Co. in compagnia della figlioletta.
L’attitudine di Vile sul palco conferma quanto è stato detto di lui da Pitchfork: “the weird quiet kid in the corner, the one who seems at first lost in his own world and disconnected from everything around him, but turns out to be smart, observant, and low-key hilarious.” (il ragazzo strano e tranquillo in disparte, colui che sembra a prima vista perso nel suo mondo e disconnesso da ciò che lo circonda, ma che si rivela essere intelligente, osservatore, e timidamente simpatico).
Con il suo fare scanzonato sale sul palco del Boschetto Ciani e non delude le aspettative: fin dal primo pezzo Kurt sfoggia forse uno dei talenti che lo rendono più godibile dal vivo: il suo giocare con la chitarra, in un uscire continuo dagli standard, percorrendo espressioni sonore in un modo sempre personale e a tratti sperimentale. Forse proprio il fatto che fin da piccolo aveva imparato a suonare la chitarra usando un banjo regalatogli dal padre gli ha permesso uno stile irriducibile alla norma (“I kind of wished it was a guitar. So I’d kind of just play it like a guitar anyway”).
Si passa da un fingerpicking ammaliante in “Stand aside”, al banjo più classico di “I’m an outlaw”, ad acustiche che suonano tremendamente elettriche e ad altri brani dove le chitarre scrosciano con sonorità più vicine allo shoegaze.
Apprezzato in quanto secondo parte della critica uno dei pochi in grado di traghettare la tradizione cantautorale classica americana in una nuova dimensione senza nostalgie, Kurt Vile non manca di concedersi qualche brano senza i The Violators. Solo sul palco, la sua voce si fa meno trascinata e a tratti sembra assumere il suono di una conversazione, spesso insicura come lo sguardo sulle cose che sembra emergere sempre da un angolo della vita, soprattutto nel suo ultimo album, con dei testi più scuri, malinconici e difficili rispetto ai precedenti.
Durante il concerto svettano Goldtone, un pezzo molto Pavement, e Freak Train, impreziosito dal sax di Jesse Trbovich, che come tutti gli altri membri passa con disinvoltura da uno strumento all’altro. Entrambi i pezzi molto lunghi, dove sul palco ognuno si distacca dal compitino e riesce a dare il meglio di sé.
Forse però, di tutto il live nel Boschetto, più che i pezzi folk-rock che lo contraddistinguono, Vile e i The Violators riescono ancora meglio a far vibrare il pubblico quando danno vita a un vero e proprio muro di suono, con un Kurt Vile indisciplinato che alza un po’ la voce disseminando elettricità nell’aria e la band che accompagna creando più frastuono. Poi con la chitarra Kurt sa il fatto suo e tutto è una meraviglia.
Setlist:
Dust Bunnies
I’m an Outlaw
Jesus Fever
Girl called Alex
Goldtone
Stand Inside
He’s alright
Waking on a pretty day
Pretty Pimpin’
KV Crimes
Freak Train
Wild Immagination
Wheelhouse
Hunchback
Andrea Frangi
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.