jesse the faccio

L’ultimo lavoro di Jesse The Faccio, intitolato “Verde”, segue di un paio d’anni l’esordio su lunga durata “I Soldi per New York”. L’album in questione si divide in due stati emozionali opposti, a cui corrispondono due approcci differenti: il primo disilluso e frustrato, caratterizzato da sonorità psycho-punk, e il secondo più introspettivo, in cui la speranza emerge sempre più prepotentemente.

La prima parte del disco è quella in cui prevale il senso di sfiducia. Lo si intuisce fin dal ritornello di Verde, brano di apertura e title track, un pezzo decisamente punk il cui testo culmina con il verso “vai a capirne la morale, mai sperare”. Questa stessa speranza negata ritorna in Dita Gialle, una canzone che parla di una coppia durante l’aperitivo, che da un’occasione spensierata e positiva collassa nella monotonia. Il terzo brano è 666, fantasie di un viaggiatore/viaggiatrice, che leggendo le frasi incise sui sedili di un autobus si immagina un’ipotetica partner, viaggia con la mente e sogna così intensamente da non accorgersi che il “pezzo mancante” è proprio lì davanti a lui.

L’album comincia a cambiare registro con Yaz, un brano ottimista che parla della voglia di farcela affidandosi alle persone e dando loro “carta bianca”. In Untitled la speranza sta nel ricucire un rapporto che forse si è consumato nel tempo anche a causa di chiusure ed errori da entrambe le parti. Da un punto di vista stilistico, il marchio di fabbrica di Jesse The Faccio restano la metrica e le melodie molto personali, che si snodano tra ambienti cantautorali e psichedelici.

Verde PT2 marca la linea di confine. Sì, perché brani come 2011 (una riflessione dell’artista su sé stesso e su ciò che lo circonda), Amen (una sorta di preghiera creativa), Nissan (l’amore a tutto tondo) e TTMB (la consapevolezza di non poter rivedere qualcuno o qualcosa da cui si è ossessionati), tendono la mano a un ipotetico salvatore che ci potrà risollevare.

Giampaolo “Gipi” Montalto