Avevo già recensito i Campos nel 2018 e mi era piaciuto moltissimo il loro sapore di terra, foreste, fuochi e tempeste (leggete qui). Sapore che è stato mantenuto e rinnovato nell’ultimo album “Latlong”: suoni suadenti adatti a soffici risvegli come in Arno, chitarre dal ritmo calmo e pacato come in Addio e lente ballate calde e un po’ oscure come Santa Cecilia, il tutto accompagnato da voci basse e melodiosi ululati umani.

Il nuovo disco dei Campos è ciò che dovete ascoltare a loop nei vostri pomeriggi invernali mentre siete avvolti in una coperta davanti al pc e con una tazza di Ciobar bollente in mano. Sempre che vi piaccia il Ciobar. Altrimenti andrà benissimo una pinta di latte e Nesquik. Io non lo so se i Campos, mentre lavoravano a questo nuovo progetto, si rendevano conto che stavano praticamente scrivendo la colonna sonora ideale di tutti gli spot della Nescafè dei prossimi vent’anni. Sembra che io stia cazzeggiando ma, credetemi, è un complimento: “Latlong” è un bel disco evocativo!

Mettendo da parte la pubblicità occulta, segnalo con giubilo e gioia i pezzi Blu, Mano e Lume che, per quanto mi riguarda, da soli valgono tutto l’album. Insomma sono le tracce che salverò sulla mia playlist consumandomici le orecchie per i prossimi giorni.

Ah, mentre io andavo in trance onirica ascoltando i Campos, mi son dimenticato che questa è una recensione e voi forse volevate sentir parlare di generi, ritmi, testi e melodie, giusto? Beh, senza sprecare inutili fiumi di parole, che poi i Jalisse si arrabbiano, ve la faccio semplice: avete presente Tom Waits? Ecco, i Campos sono la sua versione italiana ma con una gola meno bruciata dal fumo e con un mood molto meno tenebroso. Sarà la loro luce giovanile… D’altronde, com’è che cantano in Blu? Ah sì: “Dove finisce l’orizzonte, inizi tu”.

P.s. L’ultima traccia, Paradiso, facciamo finta che non esista eh.

Marco Improta