Tornano a Milano Joey Burns e John Convertino, da anni alla guida del collettivo Calexico, storia del country alternativo americano, paladini del suono di frontiera tra Arizona e Messico. Una musica che mai come in questo momento storico deve suonare ad altissimo volume. Una suono che unisce culture, usanze e stili in barba alla politica dell’odio. Questa sera siamo all’Alcatraz in versione ridotta ma gremito di appassionati…non proprio di primo pelo, ça va sans dire. La band presenta dal vivo l’ultima fatica discografica The Thread that Kept Us . Qui spiegato in una stupenda video intervista, fatta da Rockol.
Ad aprire le danze alle 20.45 Camilo Lara, che si esibisce sotto il moniker di Mexican Institute of Sound , detentore del futuro della cumbia contemporanea. Forma fisica rassomigliante al fungo Toad di Super Mario e cappello il suo set è potenzialmente devastante non fosse per i volumi stereo-prima-infanzia Fisher price. Brani come Mexico e Pa la Calle fanno pensare a una rilettura latino-americana del paradigma dei Gorillaz. Un’universo meraviglioso dove complessità d’intrecci e raffinatezza compositiva convivono in armonia., onorando la tradizione e prendendo a calci in culo la forma canzone per come ce la ricordavamo. Vi consiglio vivamente di andare oltre all’apparenza urticante di un rap ispanico e provare ad esplorare la profondità dei loro ipezzi.
Qui sotto paio di video che rendono bene l’idea
I Calexico salgono intorno alle 21.30. Camilo resta on stage ai synth e con lui i musicisti sul palco sono otto. Si parte con l’omonima gallagheriana Dead in The Water, i volumi sono bassi e le chitarre assenti, un vero e proprio coito interrotto per i sensi uditivi. Ci vorranno tre pezzi per mettere a punto le dinamiche d’uscita e in linea generale si percepirà per tutto il set un senso di crescita continuo.
Si parte dalla psychedelia leggera di “Voices from the Field” al folk gentile di “News About Williams”, onorando le tradizioni e reinterpretandole con gusto sopraffino. La ballata in tre/quarti “Flores y Tamales” è un brano che solo una band come i Calexico può far digerire all’audience alternativa…gente che sarebbe disposta a vederli anche al LatinoAmericando tra 20 anni nel parcheggio del forum di Assago. Senza paura, a bailar la Cumbia de Donde con movenze tra il goffo e il grottesco.
Burns scaglia anche il dardo politico (“la vita sta diventando un film comico…”, dice citando Trump “ma so anche voi non ve la state passando bene… la musica ci unisce, stasera siamo insieme”). Ai tamburi siede un John Convertino in stato di grazia. L’esperienza fatta a batterista. Guardarlo suonare è sempre uno spettacolo a sè. Le sue movenze incantano.
Poi arriva il brano meno calexico della storia “Another space” e si trasforma in una jam psychedelica infinita e meravigliosa. Seguono “Sunken waltz” e la cover dei MIS “Es-toy” in cui Camilo Lara diventa mattatore della folla.
Seguono due cover da paura la Smithsiana “Bigmouth strikes again” qui un live acustico sfizioso e il garage-mex di Corona dei Minutemen, già suonata nel 2015 come vedete qui. Poi spazio alla doppietta finale “Thrown to the wild” e l’immancabile “Guero Canelo”.
a cura di Tum Vecchio

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.