Da qualche tempo campagna e montagna (o qualsivoglia contesto extra-urbano) stanno tornando ad essere protagoniste delle scelte di vita di molte persone, che abbracciano questi luoghi per ritrovare se stessi insieme a una dimensione di vita più consona alla propria natura e alle proprie attitudini. Un ritorno alle origini per alcuni, il culmine di un percorso interiore per altri, un’azione chiara, semplice e inequivocabile per tutti: spostarsi.
E questo scostamento, la ricerca di un luogo più adeguato alle proprie esigenze, tracciandosi una strada netta all’interno del panorama musicale, le Altre di B lo hanno inseguito da sempre. Abbandonare una centralità così asfissiante, con la sua omologazione e con quella mancanza di libertà, per dare spazio alla loro espressività genuina e vincente con quella sana attitudine punk, pur non essendo una band punk; quella voglia di esserci, a modo loro, sempre al 300%, per trasformare ogni live in una festa senza fine; quell’energia che solo chi sa di esser fedele a se stesso sa trasmettere, con carisma e autorevolezza. La musica come mezzo, come salvezza, come missione.
Non a caso, ogni tappa del cammino delle Altre di B è costellato di spostamenti, che anche quando non sono arrivati per scelte personali, hanno segnato le loro vite e di conseguenza tutte le produzioni della band. Ad ogni spostamento, un disco tra aule, sale prove e capannoni.
Le Altre di B, da Bologna, animano la scena indipendente italiana e non solo dal 2011. Dal post-punk degli esordi hanno saputo allargare il proprio orizzonte sonoro album dopo album. Hanno calcato palchi nazionali e internazionali, partecipando anche ai festival Primavera Sound, Sziget e SXSW. Il 5 febbraio 2021 presenteranno il loro nuovo singolo, che in realtà è un doppio, un 7″ digitale, Lato A “Diagram”, Lato B “Peacock” per Costello’s Records e We Were Never Being Boring. Ci arrivano, ancora una volta, dopo l’ennesimo trasloco. Stavolta però l’ambientazione è decisamente affascinante: un ex granaio che hanno adibito a personale saletta.
Non potevamo non indagare. Qui sotto potete leggere il loro personalissimo racconto dell’esperienza che li ha portati a questa nuova produzione. A seguire, troverete una playlist realizzata direttamente dalla band per accompagnare la narrazione e una gallery con tutte le fotografie esclusive che ci hanno mandato.
Buona lettura e buon ascolto.
Il giorno del nostro quarto trasloco sapevamo che sarebbe stato il più bello. Il primo disco l’abbiamo scritto nel disordine di Casa Papinski, il secondo fra l’andirivieni di via del Chiù (c’era sempre Pier che, come il Bianconiglio, entrava trafelato con un grande orologio quand’era ora di sloggiare), il terzo nel microcosmo del garage numero 72 di via della Ca’ Bianca (la proprietaria ci ha sfrattati perché qualche condomino si lamentava che pisciavamo nei tombini). Ognuno di questi luoghi rappresenta un tempo storico pertinente alle nostre vite di studenti universitari, poi di laureati, poi di lavoratori e quant’altro. Ognuno di questi luoghi rappresenta un tempo irripetibile e straordinario.
È per questa ragione che il giorno del nostro quarto trasloco abbiamo fatto le valigie per la campagna, dove Andrea ha un granaio che abbiamo agghindato a sala prove. C’è una lunga scala che dall’aia porta al granaio, che oggi è un deposito di chincaglierie e attrezzi da contadini. Ci sono cassette di legno, biciclette, vecchie scranne da cinema, mobilie, merda di topo, cimici, polvere, traverse di legno da appenderci l’amaca, un vecchio frigorifero, una scala di ferro. E dodici finestre senza vetri e coi battenti rotti.
Maurizio ci ha portato la corrente dalla sottostante rimessa dei trattori fin su al granaio e abbiamo disposto gli amplificatori, i tappeti, le lampade e le casse in una specie di salotto di forma circolare: in cerchio si prendono le migliori decisioni, ci si guarda tutti in faccia, si litiga, si urla, si suona, in una sagoma senza spigoli. Dodici finestre senza vetri che sono la chiave di tutta la narrazione.
Per questa ragione il nostro quarto lavoro trasuda tutto l’ambiente circostante, quello interno al granaio, quello esterno in mezzo al granturco, coi suoi grandi freddi e i caldi torridi, gli odori della seminagione, il trambusto della raccolta e i passionali versi di animali che in città non esistono più. Concretamente tutto il ritmo della vita. Per la prima volta abbiamo scelto di non dedicarci alla scrittura di un tema specifico, com’era stato per Sport e Miranda!, perché avevamo la necessità di svincolarci e immergerci nella totale libertà.
Stare in campagna ci ha insegnato l’importanza delle scelte che si fanno e i loro effetti sul futuro, in agricoltura come nei rapporti. Un’aratura è un foglio candido su cui programmare una nuova rotazione, il giusto taglio di un tralcio di vite elimina quanto di buono è stato fatto in passato ma predispone la produzione degli anni a venire. E così abbiamo messo in musica le decisioni che abbiamo preso in 33 anni di vita, la metà dei quali passati assieme come band. Amori asfissianti, lavori iniziati e lasciati a metà, rapporti familiari ritrovati e amici fedeli. Le abbiamo registrate in campagna, sul nastro del Vacuum Studio di Bruno, poco lontano da Bologna, per conservare quella connessione alla base della scrittura, fra gatti, assenza di rumori, bruma e il ritmo posato dell’esistenza più parca. Dalla campagna alla campagna, dalla natura alla natura. Un’immersione dello spirito al punto di partenza. È per tutto questo che il giorno del nostro quarto trasloco sapevamo che sarebbe stata un’irripetibile scelta.
buona.
Ascolta la playlist realizzata dalla band:
Guarda tutte le fotografie scattate durante le registrazioni: