Quanti anni ha Davide Toffolo? Quaranta? Quarantacinque? No, ne ha compiuti cinquantuno. Porca miseria, e porta ancora quel coso addosso per due ore di concerto? Sì, e non potrebbe fare altrimenti. Perché i Tre Allegri Ragazzi Morti sono la maschera migliore dell’indie-rock italiano. L’incredibile spettacolo della vida, l’incredibile spettacolo della muerte. Un modo come un altro per andare oltre la musica suonata e racchiuderla in un mondo fatto a fumetti. La maschera per “resistere al business”, il costume da yeti per scimmiottarlo. Ma per una volta, ieri sera all’Alcatraz, lo storico frontman dei Tarm è stato costretto a mostrare il suo vero volto ai centinaia di fan accorsi in delirio. Stretto in quel vestito troppo caldo, troppo peloso per resistere a un calo di zuccheri, Toffolo è crollato sul palco mentre cantava La tatuata bella, l’ultimo pezzo in scaletta. Attimi di panico, l’ironia della suerte, gli infermieri e la barella. Il pubblico che continua a cantare, a gridare sempre più forte, come se il volume della voce e la sola speranza di rivederlo in piedi potesse in qualche modo aiutarlo a risollevarsi. Così è stato, dopo appena cinque minuti d’angoscia, quando Toffolo ha ripreso coscienza e senza maschera ha stretto in mano il microfono per ricominciare a cantare. “Scusate ragazzi – dice – in vent’anni di carriera e più di mille concerti non mi era mai successa una cosa del genere. Mangio una caramellina”. E attacca con Codalunga a cappella, chiedendo l’aiuto del pubblico. Fino a quel momento il concerto era stato il solito, perfetto baraccone dei Tre Allegri. Partito in sordina con i pezzi del nuovo disco, si era acceso con Quasi adatti, Il principe in bicicletta e Occhi bassi in rapida successione. L’apporto alla chitarra di Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion) è stato concreto e imprescindibile nei pezzi più strutturati. I classici sono arrivati tutti: La faccia della luna, La mia vita senza te, Il mondo prima, Ogni adolescenza, solo chitarra e voce. Un’energia straordinaria, un cuore pazzesco. La voglia di raccontare una vita con la leggerezza di una filastrocca.

a cura di Paolo Ferrari