Saffelli è un cantautore milanese (milanese cioè Milano Milano, per dire). Parte dal rap per poi spostarsi su una scena così nuova e già così consumata, il cosiddetto itpop, che riesce a contaminare con nuovi scenari urban. È il caso del suo ultimo singolo “Amsa” (la società del Comune che gestisce la raccolta dei rifiuti, più milanese di così…): una storia d’amore, ambientata in discarica. Gli abbiamo fatto qualche domandina per saperne di più.
Perché hai scelto Saffelli come nome d’arte, visto che non è neanche il tuo cognome?
Saffelli non è altro che l’evoluzione di quella che era la mia tag a 14 anni, ovvero ‘Safh’. Dato che la maggior parte della gente che conoscevo mi aveva sempre chiamato così, ho deciso di “cognomizzarlo”.
In un momento in cui il cosiddetto cantautorato rap sembra esser il genere indie per eccellenza, tu scegli di liberarti del ruolo di rapper (voci di corridoio ci dicono che prima facevi rap, giusto?), sbaglio?
Sì, è così. In realtà ormai la muta da “rapper” l’ho tolta 5 anni fa. Semplicemente non mi ci rivedevo più in quello che facevo, così ho deciso di riprendere in mano la chitarra e dare una nuova forma alla mia musica.
Quindi adesso, se non fai rap, che cosa fai? Qualcuno parlava di cantautorato di strada, ti ci ritrovi?
Diciamo che “cantautore” è tanto ingombrante come termine, mi spaventa un po’. Sono uno a cui piace scrivere, comporre e cantare di quello che vive. È vero, spesso le ambientazioni delle mie canzoni sono la strada, semplicemente perché è ciò che mi ispira di più.
Ma che cos’è indie? Esiste una scena indie? Chi ne fa parte?
Indie pensavo volesse dire “indipendente”, però se oggi pensiamo ai vari Calcutta, Thegiornalisti, Carl Brave, hanno tutti dietro delle major. Ormai credo che l’indie più che una condizione, sia diventato un vero e proprio stereotipo, impostato su determinati canoni di scrittura e sonorità precise.
Di cosa parla Amsa, il tuo ultimo singolo?
Amsa è una canzone che più che lanciare un messaggio, vuole lasciare impresse delle immagini. Immagini che facciano intravedere la parte più bella in un contesto in cui tutto sembra da buttare, proprio come in una discarica. Vuole essere un po’ un inno a non lasciar andare via le cose, a non buttarle, perché anche le cose che all’apparenza sembrano rotte, si possono aggiustare. Basta volerlo.
In Amsa canti «Ti porto in discarica a vedere un film di Woody Allen». Quale?
Pensavo a un VHS di “Io e Annie”, tanto un video registratore in discarica l’avremmo trovato senza troppi problemi. Chi guarda più le cassette?
Dobbiamo fare il videoclip di Amsa, come lo facciamo?
Allora, dato che ora sono le 2.25 di notte, andiamo giù, le strade adesso saranno invase da camioncini dell’AMSA che puliscono. Facciamo 2 o 3 playback davanti, o magari in piedi sopra il camion, che fa molto più gangsta. Mi metto al volante, e fregandomene di pulire le strade vado a prendere la mia bella. Aspetteremo l’alba in una zona panoramica, seduti sopra il camion mangiando una pizza e bevendo della birra ghiacciata, che non mi piace, ma tanto è finzione.
Anche qui. In un periodo in cui sembra che se non sei rap devi essere pop, e se sei pop devi essere sole, cuore e Riccione, tu sembri contaminare il tutto con nuovi scenari urban: di fatto stai raccontando una storia d’amore in una discarica. Scelta ragionata o originalità spontanea?
Di ragionato nella mia musica c’è molto poco. Ho sempre preferito le decisioni di pancia a quelle a tavolino. Ho scritto il primo verso, e da lì è venuto fuori tutto il resto, spesso mi accade così, immagino l’inizio di una storia e la sviluppo verso dopo verso.
Cosa dobbiamo aspettarci da Saffelli, adesso?
Quello che più mi auguro è di riuscire a fare uscire qualcosa di un po’ più corposo rispetto a dei singoli. Spero di riuscire a far uscire al più presto un EP, e poi perché no, mi piacerebbe puntare ad un disco, provini pronti ne ho una montagna, poi adesso con la primavera sboccia anche l’ispirazione, per cui…
La domanda che non ti ho fatto ma che dovevo farti assolutamente?
In quanti, per via del tuo nome d’arte, ti chiamano erroneamente Staffelli? Tanti!

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.