Roma, 7 aprile 2022

Il punto è che non c’è altro modo per fare questa cosa qui”: inizia così il primo messaggio dei Ministri dopo l’avvio del loro nuovo tour, partito il 31 marzo scorso dal New Age Club di Roncade, proprio alla fine dello stato di emergenza che per più di due anni ha messo in ginocchio i locali, i professionisti e, diciamolo, tutte le persone che la musica la ascoltano, la vivono, la sudano.

I concerti della scorsa estate sono indubbiamente stati una piccola boccata d’ossigeno dopo un’apnea profonda, un modo per provare a rimettere in moto un settore: in quell’occasione, i Ministri sono stati tra i più abili a dare tutto quello che potevano, nonostante un’immobilità e una distanza che non appartengono né a loro né al loro pubblico. Poi, come le vacanze che aspetti per mesi e che poi ti scivolano via senza che tu manco te ne accorga, anche quelle timide date sono svanite, per diventare un ricordo a cui aggrapparsi negli – ancora – interminabili mesi invernali senza musica dal vivo.

Reduci da questa dura astinenza, siamo stati alla data dei Ministri all’Orion Club di Roma. Quello a cui abbiamo assistito è stato il ritorno, vero, dei live: quelli fatti di salti, urla sguaiate, abbracci, mani sulle teste degli altri, abbracci, bassi che vibrano nella pancia e orecchie che fischiano il giorno dopo. I Ministri hanno ripagato la lunga attesa con un’energia che ha fatto tremare le mura (e le transenne) del club romano.

 

 

Per rendere subito l’idea, la scaletta è partita con Peggio di Niente, un pezzo che urla in maniera perfetta il nulla che ci ha avvolto in questi anni (contenuto nell’EP “Cronaca Nera a Musica Leggera”, uscito ormai un anno fa). La setlist è proseguita con forza, tra pezzi storici come Non mi conviene puntare in alto, Comunque, Gli Alberi (purtroppo l’unico estratto dal bellissimo “Fuori”), Sabotaggi, I tuoi weekend mi distruggono, perle di dovuta ignoranza come Vicenza (la voglio anch’io una base a), per poi arrivare alle immancabili Tempi Bui, Spingere, Una Palude.

Il pubblico è esploso su questi pezzi, ma ha accolto bene anche quelli più nuovi, ossia Numeri e Scatolette, i primi singoli del nuovo album “Giuramenti”, in arrivo il prossimo 6 maggio: entrambe le canzoni suonano molto bene dal vivo e sprigionano la giusta di energia, quanto basta per provare a esorcizzare le ombre della pandemia, cantandole.

E, finalmente, è tornato anche il momento de Il Bel Canto: quello spazio intimo e melodico che cancella ogni distanza e stringe pubblico e band in un abbraccio collettivo. Dopo l’esperimento a metà della scorsa estate, ecco di nuovo il salto di Divi verso quelle decine di braccia pronte a sostenere, sorreggere, toccare e poi riportare al proprio posto lui, la band, il settore, la musica. Un momento che per chi segue i Ministri non è certo una novità, ma che ogni volta fotografa perfettamente il rapporto simbiotico tra la band e la sua gente.

Chiusura esplosiva con Diritto al tetto e Abituarsi alla Fine, con quel rabbioso e profetico “va tutto bene, va tutto bene, ci siamo solo persi di vista [..] è tutto vero, è tutto vero!”.

Sì, perché un live come questo ci ha riportato al contatto, al concerto come rito liberatorio (a volte catartico), alla voglia di stringersi alle persone e abbracciare volti sconosciuti, ma complici. In questi anni, tra un andrà tutto bene e l’altro, la musica è stata zittita, dimenticata, accantonata, persino etichettata come qualcosa che “ci fa tanto divertire” (cit.), ma alla fine non si è mai spenta, nel cuore di chi la fa e di chi l’ascolta. Il concerto dei Ministri è stato esattamente quello che è sempre stato, un rituale in cui per due ore ci è concesso di sentire le voci che si uniscono e le distanze che si annullano, e di pensare che quella di urlare in maniera stonata con le persone addosso sia l’unica cosa che sappiamo e vogliamo fare per il resto della vita.

In attesa del nuovo album, quindi, possiamo dirci ben più che soddisfatti di questo ritorno, che non ha deluso le aspettative, ma che, anzi, ha riportato linfa a tutte le persone coinvolte: sopra, dietro e sotto il palco. La musica non passa e non è passata, e certi gruppi sanno ricordarcelo molto bene.

Sara Bernasconi

 

 

SETLIST 
Peggio di niente
Non mi conviene puntare in alto
Comunque
Gli alberi
Scatolette
Inferno
Numeri
Sabotaggi
I tuoi weekend mi distruggono
Tra le vite degli altri
Tempi bui
Vicenza (La voglio anch’io una base a)
Il bel canto
– – – – – – – – – –
Spingere
Una palude
Diritto al tetto
Fight For Your Right (Beastie Boys cover)
Abituarsi alla fine

 

Foto di copertina: Daniele L. Bianchi